DI REDAZIONE
Più di cento testimonianze di narratori famosi, apprezzati, amati, tra cui: Michael Cunningham, Jeffery Deaver, Joe R. Lansdale, Dacia Maraini, Andrea Camilleri, Lawrence Block, Amitav Gosh, Raul Montanari, Daria Bignardi, Andrea Vitali, Maurizio de Giovanni, Gianrico Carofiglio, Lidia Ravera, Simona Vinci, Grazia Verasani, Romana Petri, Gabriella Genisi, Simonetta Agnello Hornby, Licia Troisi, Valerio Varesi, Barbara Alberti, Tullio Avoledo, Giuseppe Genna, Ferdinando Camon, Marta Morazzoni, Bianca Pitzorno, Lisa Ginzburg, Cinzia Tani, Barbara Baraldi, Danila Comastri Montanari, Margherita Oggero, Paolo Di Paolo, Paola Calvetti, Valerio Massimo Manfredi, Cristina Comencini, Paola Mastrocola e tantissimi altri.
Un libro imperdibile per chi ama leggere della vita e dei processi creativi dei narratori più noti, capaci e prolifici. Quelli che Mariano Sabatini ha interpellato per capire se scrittori si nasce o si può diventarlo. E come. Con il proliferare delle scuole di scrittura creativa, l’interrogativo non è affatto pretestuoso. Scrivere può insegnare a scrivere. Ma soprattutto serve leggere: tanto, di tutto. Ecco, allora, che in Scrivere è l’infinito il lettore – aspirante scrittore – troverà un ampio repertorio di esperienze narrative di oltre cento romanzieri sui loro singolari metodi di lavoro. Se scrivere è, indubitabilmente, l’infinito del verbo che denomina la mera azione del trasferire su carta pensieri, idee, personaggi… è anche la tensione, a tempo indeterminato, che serve a creare le storie. Individuare il proprio metodo è fondamentale, e magari si può cominciare proprio imitando gli scrittori che ce l’hanno fatta: i loro metodi, le ossessioni e i rituali.
Un’autentica miniera di consigli utili, suggestioni, aneddoti.
Ciao Mariano.
Oggi esce il tuo nuovo libro con una casa editrice “storica” e tutta rinnovata.
E sono molto felice di associare il mio nome a quello della storica Vallecchi, rilevata dal tycoon Manlio Maggioli e diretta dall’esperto Alessandro Bacci. Un marchio editoriale che ha sorretto la cultura dell’Italia del Novecento, i nomi del gotha letterario e saggistico dell’epoca, e ora rilancia l’opera di Mario Tobino e ripubblica gioielli come André Gide.
Che messaggio vuoi lanciare con questo tuo nuovo scritto e di quali argomenti tratta?
Nessun messaggio, se non forse quello che scrivere è un mestiere e tale deve rimanere, con tanto di riconoscimento dei diritti d’autore. Quindi parliano di euro, come per tutti gli altri lavori. Detesto gli editori a pagamento, ma anche quegli scrittori che si squalificano accettando di non essere pagati, danneggiando l’intera categoria. Per il resto ho chiesto a oltre cento narratori di misurarsi con temi di interesse generale, sempre nell’ambito di chi ama scrivere e ama gli scrittori. L’uso dei verbi, frasi lunghe o brevi, quanti aggettivi, l’abuso degli avverbi, l’incubo della pagina bianca, la disciplina, l’ispirazione… cose così. Un repertorio ampio e articolato di esperienze di altissimo profilo.
Che tipo di scrittore e’ Mariano Sabatini?
Faccio molta fatica, resisto, lotto con il romanzo finché non prende il sopravvento e quasi si consegna da sé all’editore che per L’inganno dell’ippocastano e Primo venne Caino è il meraviglioso Salani. Sto finendo il nuovo e presto lo consegnerò. Sempre con Leo Malinverno, il mio giornalista- investigatore, protagonista.
E come hai scoperto la tua passione per la scrittura?
L’amore per l’italiano lo devo al mio mentore Luciano Rispoli che negli anni Ottanta conduceva il programma cult Parola mia. Io me lo bevevo, compravo i libri consigliati. Quella passione poi l’ho declinata tra giornali, tv e radio. E poi i libri. E’ venuto tutto naturale, con bei colpi di fortuna.
Hai delle abitudini particolari durante la scrittura?
So che fa male però mi piace scrivere seduto sul sofà, con il pc sulle gambe. E i miei cani attorno, Eimì e Potter, che ronfano e mi riforniscono d’affetto.
Secondo te qual è il tuo libro più bello?
Domanda cattiva. Ora tengo molto a questo nuovo, vorrei che andasse bene. La gratitudine che avverto per i miei romanzi è però una droga, mi piace percepire la soddisfazione di chi mi ha letto e attende le mie nuove storie.
Che sensazione provi dopo aver scritto un libro e quando finalmente tocchi la prima copia stampata?
Non voglio dire che è come la prima volta che ho preso in braccio le mie figlie Flavia e Sofia, ma è un momento di infinita gioia. Apro lo scatolone inviato dall’editore, estraggo una copia e la guardo, la tocco, la soppeso, la annuso, la sfoglio… E poi penso che mi sopravvivrà. Bello, bello.