GIOVANNI FALCONE: “BISOGNA MORIRE PER ESSERE CREDIBILI?”

DI VINCENZO G. PALIOTTI

“Bisogna morire per essere credibili?”, parole di Giovanni Falcone nel corso dell’ultima intervista prima di cadere sotto i colpi della mafia, con la regia di quelle “menti raffinatissime” che lo stesso Falcone ne aveva denunciato l’esistenza all’alba dell’attentato fallito, per un caso fortuito, all’Addaura il 21 Giugno del 1989.

Oggi a 29 anni da quel maledetto 23 Maggio, quando cioè cosa nostra fece saltare in aria un pezzo dell’autostrada che da Palermo porta all’aeroporto di Punta Raisi, oggi intitolato proprio a Falcone e Borsellino, spezzando la vita del magistrato, della moglie Francesca Morvillo e della scorta, quelle “menti raffinatissime” ancora sono da scoprire e chissà se mai lo saranno per fargliela pagare. Le indagini, unitamente alle deposizioni dei “collaboratori di giustizia” (i pentiti), e degli stessi autori materiali della strage hanno accertato la presenza di elementi “estranei” a cosa nostra, qualcuno ha catalogato queste presenze come “pezzi infedeli dello Stato”, sul luogo da dove partì l’impulso per attivare la carica di 500 kg. di tritolo che diede luogo alla strage.

Nel corso di tutti questi anni ci si è convinti che quelle “menti raffinatissime” considerate mandanti della la strage di Capaci, sono molto più vicine di quanto si pensi e che, volendo, sia anche facile trovarle. Quello che manca per scoprirlo è il coraggio di rompere un muro innalzato dalla mafia, e da quei “pezzi infedeli dello Stato”, per conto delle “menti raffinatissime”. Le tante deposizioni dei collaboratori di giustizia ce lo dicono, ce lo dicono gli stessi autori della strage, ce lo dice la risultanza del processo alla “trattativa stato mafia”, trattativa messa in atto proprio per scongiurare altre stragi, ce lo dice ancora oggi il silenzio che qualcuno ha interesse a mantenere.

Come ebbe a dichiarare sul Corriere della Sera (22 Aprile 2018) il PM del processo della “trattativa” Nino Di Matteo: «Adesso ci vorrebbe un pentito di Stato, un qualcuno che faccia chiarezza rispetto a quanto avvenuto»  che potrebbe fare luce anche su altri delitti come quello di Capaci e di Via D’Amelio che due mesi dopo Capaci provocò la morte di Paolo Borsellino, delitti che portarono direttamente alla “trattativa stato mafia”.

Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, fare luce su quel 23 Maggio 1992 è un debito che lo stato deve prima o poi pagare quale minimo riconoscimento del vostro sacrificio.