RECOVERY FUND, ARRIVANO I RICHIAMI DELL’EUROPA

DI STEFANIA DE MICHELE

Quel pasticciaccio brutto dell’Europa a 27.
Il condominio europeo litiga con Polonia e Ungheria sulla clausola che lega i finanziamenti al rispetto dello stato di diritto e il budget da 1.100 miliardi di euro per ora va in freezer.

Così, si allungano i tempi anche per l’erogazione dei 750 miliardi del Recovery Fund: per l’Italia, maggiore beneficiario delle risorse, il pacchetto vale circa 207 miliardi tra prestiti e trasferimenti.
Ma anche su questo si discute perché la legge di bilancio – sulla quale si misura la tenuta dei conti e la miglior resa delle risorse – non piace infatti a Bruxelles.
Secondo il Commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, la manovra contiene misure “non temporanee” o per le quali non sono previste “coperture”.

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Brando Benifei, capo delegazione Pd al Parlamento europeo, rimette sui binari della normale attività commissariale l’intervento di Gentiloni: “Questo è il lavoro che la Commissione europea deve fare nell’esame obiettivo della manovra. A me le parole di Gentiloni sembrano abbastanza chiare – commenta Bonifei – La Commissione non apre in questo momento nessuna attività di verifica rispetto agli obiettivi di medio termine perché la situazione è eccezionale. Alcune fragilità nel percorso di riduzione del debito, che si vedono anche nella legge di bilancio, sono dentro l’alea della possibilità, in un momento come questo. Dunque, c’è molta serenità e un dialogo molto positivo, io direi oggi tra il governo italiano e la Commissione europea”.

Benifei ricorda che, in questo contesto, Bruxelles ha sospeso il Patto di stabilità e anzi incoraggia i governi a spendere per contrastare la recessione. E lo stesso Gentiloni precisa che il richiamo “non è un giudizio negativo nel merito e in questa fase non si richiede alcuna nessuna correzione dei conti”.

Dialogo in corso, dunque, anche sulla modalità di gestione delle risorse. Dal gabinetto del Commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, arrivano alcune indicazioni: la necessità di una cabina politica e il finanziamento di un insieme limitato di progetti, che risponda a priorità strategiche.
“L’idea è quella di avere una cabina di regia snella e piuttosto centralizzata con 10-12 macro progetti al cui interno poi si sviluppano alcune azioni territoriali”, aggiunge l’europarlamentare, che precisa i campi d’azione: “Parliamo del tema delle infrastrutture fisiche e digitali, delle questioni sociali e della salute, degli investimenti green”.

Ma è lo stress a cui sono sottoposti bilanci ed economie statali ad accendere il dibattito. Le soluzioni sono ancora caute, come dimostra il respingimento da parte di Bce e Commissione della proposta di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, di cancellare il debito da Covid.

Secondo Benifei, “al di là del fatto che le istituzioni europee ci dicano, come è logico, che oggi non si può fare molto, in realtà noi sappiamo che le cose si possono cambiare. In più, non necessariamente si deve passare dal niente al condonare tutti i debiti. In passato si è parlato tanto di ‘coronabond’, l’ipotesi di fare un’emissione di debito europeo per evitare quelli nazionali necessari a pagare i costi della pandemia. Se al tempo se ne è parlato, pur senza intraprendere quella strada, vuol dire che qualsiasi valutazione è possibile. Bene ha fatto il presidente Sassoli: rendere meno costosa, per tutti i Paesi europei, questa enorme mole di debito nazionale che abbiamo creato è un dibattito giusto da fare”.

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