DONNE, SIAMO QUELLO CHE SIAMO

DI ROSSELLA ASSANTI

Ci hanno segnato il corpo sin dai tempi delle scuole superiori.
Ci hanno ingabbiato riducendoci a brandelli di carne che dovevano procurare piacere visivo.
Il corpo come oggetto di classificazione e valutazione di ciò che eri, di ciò che ero anche io.
Se non avevi un bel sedere, del seno formato, delle gambe che seguivano le linee di stereotipi inculcati nella mentalità maschile, tu non eri nessuno. Eri invisibile. Non esistevi. Non dovevamo essere qualcuno, dovevamo essere qualcosa.
Ci hanno messo in un angolo, come fossimo in punizione. In un angolo per non essere desiderabili, belle. Noi eravamo altro, eravamo altrove ma non riuscivamo più a vederci.
E abbiamo finito per distruggerci. Il nostro corpo era diventato non un mezzo, ma il messaggio da mandare. Ogni insulto era un digiuno, un pasto saltato. Ogni rifiuto era un’abbuffata. Abbiamo stremato, deturpato, odiato il corpo perché era lo specchio dei loro pregiudizi, dei loro giudizi.
Ci hanno bombardato di una guerra fatta di parole, violenza, insulti, sputi, schiaffi. Ci hanno riso addosso perché non eravamo abbastanza.
Fino a che non ci siamo guardat* dentro, trovandoci oltre i jeans attillati o le tute larghe, oltre le linee di eye-liner imperfetto, oltre la recinzione di filo spinato che ci avevano cucito addosso.
Ci siamo distrutt*, affamat*, abbuffat*
Abbiamo vomitato tutto l’amore che avremmo voluto, dimenticandoci di tutto quello che avremmo potuto darci.
Ma la morale della storia è che non hanno vinto loro, non ha vinto la cultura del bullismo e della violenza che scorre nelle vene di questa società. Abbiamo vinto noi, perché abbiamo guardato in faccia loro, le nostre taglienti insicurezze, le nostre paure, i nostri corpi e ci siamo amat*. Ché c’è qualcosa di più forte nella rinascita, più forte di qualsiasi guerra, di ogni vuoto giudizio. Abbiamo scelto di rinascere con il nostro corpo, sì quello che hanno ingabbiato, insultato, bullizzato, emarginato, violentato. Ed è così che abbiamo distrutto la loro violenza. Spezzando le catene, liberandoci.