DI EMILIANO RUBBI
Nel nostro Paese l’attribuzione della gestione della sanità pubblica alle regioni ha portato, nel tempo, a una evidente sperequazione tra nord e sud, creando regioni dotate di un sistema ospedaliero sulla carta “eccellente” e altre fornite di servizi sanitari da terzo mondo.
Ma è durante questa pandemia che il problema è esploso in una maniera che ormai dovrebbe essere evidente per tutti.
Ci sono state regioni che hanno fatto di tutto per tenere aperte le attività, nel momento in cui gli scienziati chiedevano di chiudere. Abbiamo assistito a una serie infinita di polemiche tra governo centrale e amministrazioni locali. Questo perché i presidenti di regione temevano (e ancora temono) che ogni giorno di chiusura in più possa riflettersi sull’economia e, di conseguenza, sulla loro popolarità personale.
Ci sono state regioni che hanno addirittura falsificato i dati, come la Sicilia dell’ex MSI ed ex An Nello Musumeci.
Ci sono state regioni che hanno sbagliato TUTTO quello che potevano sbagliare: dal contenimento della pandemia alle prenotazioni per le vaccinazioni, come la Lombardia del leghista Fontana, che nel frattempo ha spesso e volentieri sbraitato per “riaprire tutto”, preferendo dar retta a Confindustria che agli scienziati, (nonostante la sua regione sia stata quella con i dati peggiori a livello MONDIALE). Il tutto mentre cercava di assegnare un appalto da centinaia di migliaia di euro alla società del cognato e della moglie.
Ci sono stati presidenti di regione che hanno sfruttato la pandemia per accreditarsi come “uomini forti”, e allora giù con i video in cui si vaneggiava di carabinieri dotati di lanciafiamme e con le prenotazioni di un vaccino (lo Sputnik) che in Italia non può essere usato perché non è stato ancora approvato né dall’EMA né dall’AIFA.
Ci sono state regioni che hanno pensato a privatizzare tutto il possibile, a livello sanitario. Poi ci siamo accorti che, visto che di norma “rendono” molto poco, molte strutture gestite dai privati avevano ben pensato di eliminare le terapie intensive.
Ci sono stati politici, come il leghista Giorgetti (che poi è quello sveglio della compagnia), che tenevano comizi per sostenere che i medici di base, ormai, non servissero più a niente.
Poi ci siamo accorti che, se la Lombardia avesse avuto più assistenza sul territorio e meno megastrutture ospedaliere private, probabilmente non avrebbe pianto quasi 31.000 morti.
L’attribuzione dei poteri sulla sanità alle regioni è stata una iattura, un disastro perché non ha fatto altro che incrementare le disuguaglianze sul territorio e favorire i personalismi (leciti e non) di una infinita serie di potenti locali.
Personalmente, se fossi un politico, tra i primi punti della mia agenda oggi ci sarebbe la riassegnazione al ministero competente di tutti i poteri sulla salute pubblica.