DI MARIO PIAZZA
L’imboscata
Ho lasciato il Sud Africa da diversi anni ma è stato e rimane tuttora il luogo dove avrei voluto passare il resto della mia vita. Mantengo amicizie e contatti con chi vive laggiù e almeno una volta alla settimana vado a spulciare i giornali sudafricani e non posso negare che dopo l’entusiasmante “Mandela Renaissance” le cose non sono andate per il verso giusto.
Donald Trump, ma dietro c’è Elon Musk
Detto questo, trovo assolutamente indegna e vigliacca l’imboscata tesa da Donald Trump al presidente sudafricano Cyril Ramaphosa.
Perché Trump l’abbia organizzata può sfuggire all’osservatore superficiale ma basta un po’ più di attenzione per capire che c’è lo zampino di Elon Musk, uno dei più fetidi razzisti sudafricani sconfitti proprio da personaggi come Ramaphosa.
Il suprematismo bianco che affratella Trump e Musk
Il suprematismo bianco che affratella Trump e Musk non è la sola ragione. Se ne può trovare un’altra più pratica e tangibile se si scopre che sono più di 500 le aziende nordamericane che hanno stabilito la propria sede in Sud Africa conferendo al paese, insieme ad altre di ogni nazionalità, quel ruolo di stato-guida dell’intero continente africano. Più che sufficiente per scatenare la furia populista di un mitomane patologico razzista e ignorante che non sa vedere oltre la propria mazza da golf, perché tentando di affossare il Sud Africa si affossa non solo un continente dove la pelle nera è dominante e questo nella mente di un razzista ci può stare, si mette in pericolo anche il benessere di quei milioni di bianchi che laggiù vivono e prosperano, quelli che Trump finge di difendere.
Con Nelson difronte al tycoon sarebbe stata un’altra storia
Se il pagliaccio americano avesse avuto davanti un certo Nelson invece di Cyril non avrebbe mai osato, ma anche nella sua attuale debolezza politica e sociale Ramaphosa ha saputo rispondere al fellone con una frase che da sola dice tutto ciò che c’era da dire:
“Mi spiace, presidente Trump… Io non ho un aereo da regalarle”.
.
Mario Piazza