PENOMBRE SENZA PUDORE

DI LIDANO GRASSUCCI

Una sirena, una penombra. Un tempo in cui dal mare muoveva vento, fresco.

Lei si mise davanti la finestra, la tenda leggera faceva vela a quel vento. Sentiva la vita stanca di giornate e di pensieri, e un uomo nei pensieri.

Non avrebbe dovuto pensare a lui, aveva morale, pudore e anche candore, ma ci pensava.

Provava a cancellarlo, lui rifioriva come il vento gonfia e spingeva la tenda.

Seduta sul bordo del letto con quella tenda che faceva ombre lineari che “correvano” sul letto. Si poggiò con le braccia dietro la schiena e il petto andava contro il vento.

Si guardo, l’ombra della tenda era come uno scanner, la faceva tridimensionale. Sentiva gocce di sudore sulla fronte e il vento asciugava, ma chiudendo gli occhi era la bocca di carne di lui che la salvava.

Le gambe nervose, i muscoli segnati. Aveva… si tolse i vestiti con rapidi colpi come ricerca urgente di libertà. Lo sentiva respirare, lo sentiva arrivare, lo sentiva con passo di gatto.

Ora così, lo specchio la rimanda, ninfa senza acque per lago quel lenzuolo di seta scura ed ora la sua carne è come filo che annoda. Il seno si fa irto e lo muove a destra, poi a sinistra, lieve, guardandosi. La postura esalta il torace e la bocca sognata la viene a cercare. Occhi aperti è solo il vento, occhi chiusi è quel canto di lui alla sua, ma non si era mai sentita così dentro un desiderio. Occhi serrati, e le luci nel buio e il racconto della pelle, il racconto lungo della pelle.

La pelle parlava alla fantasia che volava, la bocca era come a rubare il seno, le mani cingevano i fianchi e nel resto del corpo il venti portava calore.

Si muoveva lenta e rapida, apriva gli occhi di scatto… solo vento, li chiudeva ed era un amore diviso con quel sogno. Indugiava il sogno, proprio come fosse carne, sentiva la carne proprio come fosse un sogno. Sollevò il bacino ad accogliere, poi giù ad ammortizzare, poi su onda imperiosa di mille nervi che si erano dati appuntamento con quel vuoto che ora faceva girare la testa. Dio che altalena, dio che luna park, dio che strano gioco che faceva di alito di vento turbine ed ogni goccia di sudore ovunque era fonte per un bacio nel vento.

Un colpo estremo, sublimi, sopra l’orizzonte e si lasciò andare…