DA REDAZIONE
Massimo Nava da REMOCONTRO –
«Il fatto che l’Iran produca la bomba atomica è certamente una minaccia per Israele e per la stabilità di tutto il Medio Oriente. Che sia una possibilità concreta o soltanto un’ipotesi da anni oggetto di ispezioni e trattative non cambia molto nella percezione del pericolo», la premessa di Massimo Nava sul Corriere. Tuttavia, l’attacco preventivo da parte di Israele, l’eliminazione di capi militari e alti funzionari del regime, la minaccia di fare fuori la guida suprema Khamenei, la possibilità reale di un intervento americano costituiscono un’altra e forse irreversibile picconata al diritto internazionale.
Operazione da «bounty killer»
Perché comunque la si racconti, mettendo al primo posto nella narrazione il «diritto» di Israele a difendersi, siamo oggettivamente di fronte a un’aggressione di uno Stato sovrano e a un’operazione da «bounty killer» con omicidi mirati decisi dal governo di Gerusalemme, al di fuori di qualsiasi cornice legale. Superfluo aggiungere che l’Onu sia anche in questo caso un’istituzione assente, tramortita, che fa da spettatrice ininfluente, in buona compagnia dei governi europei. A ben vedere, la «picconata» sulla legalità internazionale è anche più devastante rispetto alla palese violazione del diritto umanitario a Gaza. Israele sta compiendo un genocidio, decimando anche i bambini palestinesi, ma con la legittima arma politica della ritorsione per l’orrendo massacro subito ad opera di Hamas.
Assoluzione alla Russia per l’Ucraina
La «picconata» renderà da oggi ancora più superflua e priva di conseguenze l’accusa alla Russia di avere violato il diritto internazionale e avere aggredito uno Stato sovrano come l’Ucraina. Considerazione cui segue il grottesco paradosso di due leader – Putin e Netanyhau – incriminati al tribunale internazionale dell’Aja per crimini di guerra e contro l’umanità, ma protagonisti assoluti e interlocutori privilegiati negli scenari di guerra. Il primo (con buona pace del povero Zelensky) chiamato addirittura a un ruolo di mediazione con l’Iran e di fatto libero di continuare a bombardare l’Ucraina. Il secondo trasformatosi in arma letale della politica americana in Medio Oriente: buono per l’espansione d’Israele in Cisgiordania e a Gaza, per gli affari immobiliari del clan Trump, per cementare i rapporti fra Stati Uniti e Arabia Saudita.
Cina e Taiwan o Kosovo albanese?
Da oggi, nessuno potrà stupirsi se la Cina deciderà di invadere Taiwan con il pretesto di ricomporre l’impero celeste e la sovranità dello Stato. È solo un’ipotesi, che sembra però non preoccupare troppo la Casa Bianca. Al contrario, si offrono a Pechino continui pretesti su cui costruire le violazioni del diritto, come la minaccia d’invasione della Groenlandia e d’annessione del Canada. E nessuno potrà più ricordare a Putin che la penisola di Crimea, benché russa nella storia, faceva parte dello Stato ucraino dai tempi di Krusciov. Del resto, proprio l’annessione illegale della Crimea (abitata al 90 per cento da cittadini di origine russa e russofoni) fu sostenuta da Mosca accampando paragoni con l’illegale sbocco della guerra del Kosovo.
“Allora, sul diritto internazionale prevalse il diritto della minoranza albanese del Kosovo alla secessione e all’indipendenza dalla Serbia: un altro Stato sovrano – è bene ricordarlo – bombardato dalla Nato nel 1999 in forza di un artificio giuridico e di un pretesto politico. Non essendo praticabile un mandato delle Nazioni Unite per il veto russo e cinese, si invocò il principio stabilito dai trattati dell’Alleanza atlantica, secondo cui la Serbia di Milosevic rappresentava una «minaccia per gli Stati membri».”
Prima vittima di guerra la verità
Anche in questi giorni, come sempre, «in guerra la prima vittima è la verità». Dai tempi di Eschilo, la constatazione è stata reiterata da scrittori, politici e giornalisti per denunciare l’infernale miscela di propaganda e reciproche accuse di cui si nutre un conflitto, con l’intenzione di condizionarne le sorti. Ma l’«uccisione» della verità comincia prima della guerra, serve a preparare il terreno delle ostilità e a giustificarne le ragioni, che si tratti di riportare a casa Elena di Troia o di riconquistare un territorio perduto o invaderne un altro.
“Fake news” preventive
Quanto a fake news preventive, i governi democratici e i governi autoritari non si sono fatti mancare nulla. In Bosnia, croati e serbi si raccontarono reciprocamente come comunità minacciate dalla maggioranza bosniaca-musulmana e così giustificarono i massacri dei musulmani. La Francia del presidente Sarkozy promosse il bombardamento della Libia e l’eliminazione del dittatore Gheddafi, nella presunzione di soccorrere una minoranza minacciata e instaurare un regime democratico, ma con un occhio agli interessi della Total. Della Serbia di Milosevic si è detto. Inoltre, la repressione in atto contro gli indipendentisti albanesi del Kosovo fu definita «genocidio» (e Gaza allora?).
Media trombettieri schierati
Non è dunque un massacro in sé, ma sono le responsabilità che i media attribuiscono a indirizzare il corso degli avvenimenti. Oppure una colossale bugia, spacciata per verità assoluta grazie all’autorevolezza di chi la spaccia. Dalla tribuna dell’Onu, il segretario di Stato Colin Powell mostrò la provetta che avrebbe confermato la presenza di armi di distruzione di massa nell’Iraq di Saddam Hussein. Quello fu il pretesto di un’invasione costata nel corso degli anni, dal 2003 ad oggi, l’implosione del Paese, la guerra di religione, la nascita del Califfato islamico e centinaia di migliaia di morti. La storia rischia di ripetersi in Iran, nel caso in cui il crollo del regime provocasse anche l’implosione del Paese.
Casa Bianca immemore ed Europa vuota
Ma anche la storia è ininfluente nella memoria di chi prende le decisioni. Vietnam, Afghanistan, Iraq non hanno insegnato nulla agli strateghi della Casa Bianca, mentre il comparto militare si frega le mani: si svuotano i magazzini di missili e bombe, per riempirli in attesa della prossima guerra.
“Di questo approccio, l’Europa prospetta una pallida imitazione. Per sostenere il riarmo, la moltiplicazione degli investimenti militari, la necessità di difesa e sicurezza, si cerca di convincere l’opinione pubblica del pericolo russo, come se le truppe di Putin fossero pronte ad abbeverarsi nel Tevere o nella Senna come i cosacchi al tempo di Bonaparte. La minaccia è amplificata soprattutto nei Paesi dell’Est. Con il rischio della più classica delle profezie auto-avveranti. In barba al diritto internazionale, Putin potrebbe permettersi anche questo.”
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Articolo di Massimo Nava dalla redazione di
21 Giugno 2025