DI ALFREDO FACCHINI
Cambio di regime?
Nel pieno dello scontro scellerato tra Israele e Iran, Benjamin Netanyahu torna a battere un tamburo che conosce a memoria: il cambio di regime in Iran.
Il concetto è sempre quello
C’è un “cattivo” che va raddrizzato, possibilmente a colpi di missili, cyber-attacchi, sanzioni e, dulcis in fundo, con un bel governo “amico” messo lì a recitare la parte del moderato.
E tutto l’Occidente applaude, come a teatro, dimenticando che ogni volta che hanno “installato” un governo amico, il disastro è stato assicurato: dall’Iraq all’Afghanistan, passando per la Libia, la Siria… la lista è lunga quanto l’ipocrisia.
Un déjà vu geopolitico
Saddam, Gheddafi, Assad, i Talebani … Ogni volta una promessa: democrazia, libertà, diritti. Ogni volta il risultato: un fallimento epocale.
L’Iran è una teocrazia repressiva, sì. Ma non spetta né a Netanyahu né a Washington decidere chi debba governare Teheran. Spetta al popolo iraniano. E c’è un popolo in Iran: vivo, colto, combattivo, che protesta, che sogna.
Israele, da parte sua, non è certo nella posizione morale per dare lezioni di democrazia
Un Paese dove l’estrema destra nazi sionista comanda. Se c’è un “cambio di regime” davvero auspicabile, forse sarebbe il caso di iniziare da lì.
Ma si sa: l’Occidente sogna per l’ex impero Persiano una democrazia Frankenstein, assemblata da un fondo d’investimento e griffata Raytheon e Lockheed Martin.
Il cinismo di questa retorica fa rabbrividire
Mentre le cancellerie si sperticano in dichiarazioni ipocrite e le opinioni pubbliche vengono sommerse da “analisi” degne di un manuale CIA anni ’80, il vero rischio è che il Medio Oriente venga risucchiato in un vortice senza fine di violenza, repressione e destabilizzazione. E che, nel rumore assordante della geopolitica, i palestinesi vengano dimenticati per sempre.
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Alfredo Facchini