DA REDAZIONE
Barbara Scaramucci da AERICOLO VENTUNO –
Con grande tempismo Corrado Formigli ha parlato chiaro circa il fatto che nella manifestazione di sabato 7 giugno a San Giovanni le provocazioni ce le dobbiamo aspettare e quindi è bene chiarire ora che se uno studentello brucia una bandiera israeliana non si potrà accusare tutti i manifestanti di essere contro il popolo ebraico.
Conte, Sclhein Fratoianni, Bonelli e Riccardo Magi sono ben consapevoli della situazione, anche perché essi stessi, come partiti, ci hanno pensato tardi, hanno titubato, hanno aspettato che la società civile ancora una volta fosse molto ma molto più avanti, e di fatto li trascinasse.
Dopo i due drammatici anni passati a parlare come i profeti che predicavano nel deserto inascoltati probabilmente da Dio e dagli uomini, ora di manifestazioni se ne fanno ben due, una a Roma di quel pezzo di sinistra che è stata il cardine dei successi alle amministrative e che può scompaginare le carte del destra-centro alle regionali, e una centrista a Milano, che su Gaza la pensa nello stesso modo ma non vuole in nessun modo apparire antisionista e chiede di separare le colpe di Nethanyau dal resto del popolo di Israele. I punti comuni sono tanti e in questo caso farebbero bene i media a cercare più i tratti comuni che le divergenze.
Ma non succederà. Chi andrà in piazza dovrà anche avere un di più di capacità per non essere schedato e fermato dalle forze dell’ordine e al tempo stesso non fare neanche un passo di meno, un gesto di meno, rispetto a quanto sarebbe stato fatto in assenza di decreto sicurezza. Una prova dura, che potrebbe avere un bellissimo finale se le due occasioni valorizzassero i punti in comune e non di dissenso e si incontrassero subito dopo per far confluire gli sforzi in chiave unitaria.
L’Europa è timorosa con Israele per un motivo nobile, che come sanno tutti, è l’insuperabile peccato della shoah, della persecuzione, dei campi di concentramento.
Una parte di Europa, soprattutto l’Italia, ha un problema molto diverso: non può fare uno sgarbo a Trump. E allora il governo spera (e opera) per le divisioni nell’opposizione e blatera richiami ai due stati, Israele e Palestina, che susciterebbero ironia se esistesse ancora un margine compatibile con lo sterminio in Gaza e in Cisgiordania.
Articolo 21 è stata davvero in anticipo e con una meravigliosa miriade di organizzazioni locali alleate con i nostri presidi ha già realizzato centinaia di eventi, sit-in, manifestazioni, picchetti per reclamare l’ingresso dei giornalisti internazionali nella striscia e denunciare il sistematico eccidio dei colleghi palestinesi. La Perugia-Assisi ha fatto marce straordinarie, l’Umbria tutta ha giocato un ruolo guida nel chiedere la pace, perché quella è per definizione terra di pace. E il 31 comunque sarà proprio la società civile ad aprire finalmente questa nuova fase di città piccole e grandi piene di persone normali che hanno a cuore la pace, che credono in qualche Dio o nella potenza dell’umanesimo, ma certamente non credono che bisogna consegnare allo sterminio interi popoli in nome degli interessi dei signori delle armi.
Non basterà qualche esagitato, che ci sarà, per rovinare questo autentico spirito che va oltre la pace, ma guarda alla essenza del vivere, alla dignità della vita umana, quello che davvero dovrebbe essere un valore non negoziabile.
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Articolo di Barbara Scaramucci dalla redazione di
30 Maggio 2025