A Gerusalemme tanti “giovani Netanyahu” crescono

DI ENNIO REMONDINO

 

Da REMOCONTRO –

Mentre nella scuola di Gaza City dei trentasei uccisi, diciotto erano bambini, carbonizzati, migliaia di israeliani celebravano l’occupazione dell’intera città del 1967 e sfilavano sventolando bandiere bianche e azzurre nella zona palestinese, con insulti e aggressioni agli arabi rimasti. ‘Terra Promessa’ per il governo Netanyahu: ‘annetteremo la Cisgiordania’.

Paese corrotto dalla violenza

Il «Giorno di Gerusalemme», con migliaia di israeliani che celebravano l’occupazione dell’intera città avvenuta nel 1967, secondo il solito copione racconta Michele Giorgio, sul manifesto. «È stata l’abituale vetrina di suprematismo religioso, intimidazione verso i palestinesi e sfide alla legalità internazionale. Migliaia di manifestanti hanno lungamente scandito per le strade slogan come ‘Morte agli Arabi’ e ‘Che il tuo villaggio possa bruciare’. Quest’ultima invocazione è tristemente reale: ormai non passa notte in Cisgiordania senza che coloni israeliani assaltino villaggi e comunità palestinesi, incendiando case, automobili, frutteti e campi coltivati».

Governo allo scontro con l’Europa

Nel ‘Giorno di Gerusalemme’, il governo Netanyahu ha anche alzato il livello dello scontro diplomatico con l’Europa. Il ministro degli Affari strategici Ron Dermer, scriveva ieri Haaretz, ha lanciato un avvertimento diretto a Parigi e Londra: «Se riconoscerete lo Stato palestinese, Israele risponderà con l’annessione della Cisgiordania». Allo stesso modo, il ministro degli Esteri Gideon Saar che ha inviato un messaggio simile alle controparti del Regno unito. «Azioni unilaterali contro Israele saranno accolte con azioni unilaterali da parte di Israele», avrebbe minacciato Saar. Tel Aviv lancia così l’offensiva contro l’Europa, in vista del vertice previsto per il prossimo mese a New York, promosso da Francia e Arabia Saudita, dove il presidente francese Macron dovrebbe presentare la proposta di un riconoscimento coordinato dello Stato palestinese.

Coloni falange armata del sovranismo ebraico

Stragi militari a Gaza, nazionalisti violenti ed esaltati a Gerusalemme, banditismo organizzato del fascismo armato dei coloni.  Giorni fa gli abitanti di Mughayer, o almeno una buona parte di essi, sono stati costretti ad evacuare a causa di questi attacchi. Un’aggressione simile ha colpito ieri Khallet a Daba, nella zona ad alta tensione di Masafer Yatta (Hebron): 13 coloni, armati di bastoni e armi, hanno costretto due famiglie a fuggire. La nuova strategia degli insediamenticonsiste nel costruire avamposti a ridosso dei villaggi palestinesi più isolati, in modo da spingere i residenti a lasciare le loro terre. Nel sud di Israele sono scoppiate proteste contro la demolizione, iniziata la scorsa settimana, di 70 abitazioni beduine nel villaggio non riconosciuto dallo Stato di Qasr El Sir. La polizia ha arrestato due abitanti. Non gli aggressori.

Vertici del “fascio-nazional-ebraico”

Star del «Giorno di Gerusalemme» anche quest’anno è stato il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, leader dell’estrema destra religiosa. Ieri all’alba si è presentato nel complesso della moschea di Al-Aqsa, guidando un’incursione di massa: oltre 1.400 estremisti hanno attraversato i cortili del terzo luogo sacro dell’Islam – per gli ebrei è il Monte del Tempio – issando la bandiera israeliana e recitando preghiere, in violazione dello status quo delle moschee. «Sono venuto a pregare per la vittoria nella guerra a Gaza», ha dichiarato Ben-Gvir, filmato mentre sventolava bandiere e distribuiva adesivi con lo slogan «Gaza è nostra per sempre». Al raid hanno partecipato anche il ministro del Negev e della Galilea Yitzhak Wasserlauf e i parlamentari Amit Halevi e Zvi Succot. Quest’ultimo, sventolando la bandiera israeliana, ha proclamato: «Il Monte del Tempio è ora nelle nostre mani».

“Terzo Tempio” in beffa a tutto l’islam

Oltre alle bandiere di Israele, molti hanno issato vessilli con la scritta «Terzo Tempio», per sollecitare la costruzione di un nuovo tempio ebraico sulla Spianata. «Quella che gli arabi – i palestinesi, ndr – chiamano Al Aqsa non è altro che una parte dell’area dove sorgeva fino a duemila anni fa il nostro tempio. È venuto il momento di ricostruirlo, senza indugio», ci ha detto Yedidia Gabai, un manifestante giunto da una colonia in Cisgiordania. Intorno a lui decine di giovani danzato e urlato slogan tutto il tempo. In quelle stesse ore, la deputata di destra Yulia Malinovsky ha simbolicamente occupato il quartier generale dell’Unrwa a Gerusalemme Est – l’agenzia che assiste i profughi palestinesi – trasformandolo nel suo «ufficio parlamentare».

Gerusalemme Vecchia violata

Nel cuore della Gerusalemme vecchia, con i negozi tutti chiusi e gli abitanti palestinesi rintanati nelle case per evitare il peggio, la tensione è rimasta alta tutto il giorno. La polizia israeliana ha arrestato un palestinese che aveva difeso un commerciante dall’aggressione di giovani estremisti. L’uomo è stato picchiato dagli agenti, mentre gli aggressori si sono allontanati senza conseguenze. Sulla scena, i volontari del movimento arabo-ebraico «Standing Together», con i loro gilet viola, hanno tentato invano di impedire altre aggressioni. Loro stessi, insieme ad altri attivisti israeliani di sinistra, sono stati bersaglio di insulti e provocazioni da parte dei partecipanti alla «Marcia delle Bandiere». Arrivando alla Porta di Damasco della città vecchia, Danny Levy, capo della polizia, ha minimizzato l’accaduto. «Non abbiamo arrestato nessuno, solo qualche fermo tra gruppetti isolati», ha detto, aggiungendo di non aver sentito alcuno slogan anti-arabo. «Sapete, non sento bene, sono stato un artigliere nell’esercito», ha commentato sorridendo. Levy non ha neanche visto i fanatici del gruppo Im Tirzu esporre striscioni con le scritte «Nessuna vittoria senza Nakba» e «1967-Gerusalemme nelle nostre mani, 2025-Gaza nelle nostre mani».

Destra in gara per il peggio

A chiusura del «Giorno di Gerusalemme», è intervenuto anche l’altro leader della destra religiosa, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. «Abbiamo paura della vittoria? Abbiamo forse paura della parola occupazione?», ha domandato Smotrich alla folla. Quindi ha insistito: «Stiamo forse colonizzando la Terra d’Israele? No, noi stiamo liberando Gaza. Stiamo trionfando sul nemico». Intanto il governo Netanyahu, riunito nel quartiere occupato di Silwan – nel sito archeologico della cosiddetta «Città di Davide», gestito interamente da un gruppo di coloni israeliani –ha aapprovato una risoluzione per incentivare in vari modi il trasferimento delle ambasciate straniere a Gerusalemme. Attualmente solo sei Paesi, tra cui gli Stati Uniti, hanno ambasciate nella città. Le Fiji si preparano ad aprirne una a settembre. Il resto del mondo non riconosce Gerusalemme come capitale di Israele.

L’Europa ha ancora una coscienza?

Una scuola con decine e decine di sfollati, trasformata in rifugio dagli ordini di evacuazione e i raid israeliani. Le brande posizionate ovunque, anche nei corridoi, dovevano essere piene di persone che dormivano. L’esercito israeliano sapeva perfettamente chi ci fosse lì dentro, tutti quei bambini. Ma ha scelto comunque di bombardare all’una di notte. L’attacco ha causato un incendio che è divampato negli atri, nelle stanze. Almeno 36 persone sono state uccise nel bombardamento, di cui circa 18 bambini. E le dichiarazioni dell’esercito si ripetono sempre uguali: la scuola era un «centro militare di Hamas», «sono state prese misure per mitigare il rischio di danneggiare i civili», «Hamas usa i civili come scudi umani», ci ripete Eliana Riva. «Persino il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha dichiarato ieri che tutto questo ‘non può più essere giustificato come una lotta contro il terrorismo di Hamas’». Non si giustifica più, dunque. Ma nemmeno si contrasta.

The Guardian e i peccati Ue

In una lettera pubblicata dal quotidiano inglese The Guardian, un gruppo di funzionari delle istituzioni dell’Unione europea ha denunciato che l’Ue ha intrapreso «poche o nessuna azione significativa per fermare gli eccidi israeliani». Il gruppo fa notare anche che è stato proprio il clima di impunità a cui l’Europa ha contribuito a portarci esattamente dove siamo ora: all’operazione finale, il progetto di genocidio, l’occupazione e la pulizia etnica che Tel Aviv ha soprannominato ‘Carri di Gedeone’. L’esercito israeliano stima che entro due mesi il 75% di Gaza verrà occupato e che due milioni di palestinesi saranno schiacciati in tre piccole aree tra Gaza City e al-Mawasi. Quale destino attenderà gli ostaggi? Quali paesi accetteranno di assecondare la pulizia etnica prendendo dentro i propri confini i palestinesi? Sempre il cancelliere tedesco Mertz ha ammesso di non capire quello che l’esercito israeliano sta facendo a Gaza.

“Ancora una volta, però, le dichiarazioni politiche ad alto livello stridono con la realtà dei fatti. I paesi europei sono tra i maggiori fornitori al modo di armi verso Israele. «La metà delle bombe che cadono su Gaza sono europee», ha accusato solo pochi giorni fa l’ex responsabile capo della diplomazia Ue, lo spagnolo Josep Borrell.”

Anna Foa: «Salviamo Israele da Netanyahu»

La storica ebrea: «Ogni mobilitazione è utile, necessaria. Il nostro governo e la Ue potrebbero riconoscere lo Stato di Palestina. Un gesto simbolico, certo, ma dal grande significato politico. Ed è necessario anche interrompere le relazioni commerciali con Israele»

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Articolo di Ennio Remondino dalla redazione di

27 Maggio 2025