Trottola Trump, mercante biscazziere e i dazi Ue

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Valerio Sale da REMOCONTRO –

Embargo, non dazi. Quando si evocano tariffe del 50% si sta parlando di un blocco all’esportazione di merci europee negli Stati Uniti. «Una politica economica che può portare al collasso gli Usa» sentenzia James Robinson, Nobel per l’economia 2024 al Festival dell’Economia di Trento. La domanda quindi rimane: «Qual è il vero obbiettivo di questo ultimo attacco di Trump all’Europa?»

L’impaziente o labile Trump?

All’origine ci sarebbe l’irritazione di Trump del per la lentezza della Commissione UE nei negoziati, scrive il Wall Street Journal.  La conferma viene dalla proroga al 9 luglio concessa a Ursula von der Leyen durante una telefonata domenicale definita da Bruxelles dai toni garbati e che il “sovrano statunitense” ha tradotto in supplica sul suo social Truth: «Mi ha chiesto il 9 luglio e ho accettato».  Questa settimana iniziano i colloqui tra i 27 sulla lista di prodotti Usa da colpire (valore 95 miliardi di euro) come risposta alla mossa di Washington.

Nessuna logica economica

Gli analisti dei grandi fondi internazionali, sono loro che fanno spostare enormi flussi di denaro, non ravvedono alcuna logica economica nel perseguimento della guerra commerciale: il dollaro continua a scendere e ha perso quasi il 2% sulle principali monete del sistema internazionale. Un fattore anomalo per il mercato, perché se a un Paese vengono imposti dazi per il 50%, come nel caso della UE, la sua moneta viene penalizzata. Invece l’euro si è impennato sul biglietto verde da 1,12 a 1,14 euro per 1 dollaro. Significa che gli investimenti tendono a spostarsi lontano dall’America, come se cercassero una distanza di sicurezza. È l’evidenza che i grandi investitori non si fidano.

Trattativa con la pistola sul tavolo

«Vuole solo trattare» titola la Süddeutsche Zeitung. Ma anche questa tattica negoziale della pistola sul tavolo non regge i fondamenti economici. Perché sparare il 50% per ottenere la metà è insufficiente. Infatti, l’automatismo che genera maggiori entrate fiscali con l’imposizione di dazi sulle importazioni viene inceppato dagli esportatori che, in buona parte, decideranno di spedire meno merci in quel mercato a causa della drastica riduzione dei profitti e per la ricerca di nuovi sbocchi. Di conseguenza la riduzione dei volumi implicherebbe minori entrati fiscali.

Gli obiettivi reali nascosti

È quindi necessario uscire dai tecnicismi per scoprire che il disegno dietro a queste aggressioni ha l’obbiettivo di aumentare la pressione politica all’Europa su tre fronti. Primo, smantellare il sistema di regole che domina il mercato europeo. Ci sono tariffe sui servizi di streaming, l’Iva, le normative automobilistiche. Le merci vendute in Europa devono rispettare standard di produzione a cui le aziende Usa non sono conformi. Dal divieto di Ogm nell’alimentare, ai limiti di emissione della Co2 nel settore automotive, fino alle strette norme che regolano la privacy degli utenti europei dei servizi digitali.

Europa usata contro la Cina

Secondo fronte: costringere l’Europa a mettere barriere alla Cina. Una prosecuzione del lavoro già iniziato dall’amministrazione Biden con le tariffe alle auto elettriche di Pechino e ai microprocessori. I danni collaterali subiti in particolar modo dall’industria tedesca hanno ridotto l’appiattimento di Bruxelles a Washington sul fronte anti-Cina.  Per il momento l’amministrazione Trump non ha ottenuto l’impegno dei leader dell’Ue a imporre nuovi dazi sulle industrie cinesi.

Miliardari suoi amici

Terzo punto di pressione sui 27: togliere il fiato sul collo di Bruxelles alle grandi aziende tecnologiche Usa. In quanto centro mondiale della finanza e della tecnologia, infatti, gli Stati Uniti registrano un surplus nel settore. Google e Apple sono perseguite e multate dalla UE sia per evasione fiscale che per posizioni dominanti. Le lobbies Usa hanno certamente contrastato il fenomeno (basti al monopolio europeo delle Big Tech), ma nella logica di supremazia americana resta molto da fare. Un esempio su tutti è la crescente domanda di ‘data center’. Per spingere la domanda di Intelligenza artificiale americana in Europa è già in corso una battaglia a colpi di leggi e normative, dal settore dell’ambiente a quello della privacy.

Anti Bruxelles per meno regole

“Trump attacca perché sa di trovare una sponda anti-Bruxelles in compagini politiche amiche e sulla scia del malcontento di ampi settori produttivi contro l’élite burocratica della Commissione. Perciò i “dazi” tra virgolette di Trump non hanno un reale fondamento economico per un accordo di libero scambio, ma puntano dritto a un cambiamento politico nell’Unione Europea.”

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Articolo di Valerio Sale dalla redazione di

26 Maggio 2025