DI MARIO PIAZZA
Terzo referendum, scheda grigia
Contratto di lavoro a tempo determinato
Di tutti gli strumenti che il Jobs Act ha fornito alle aziende per sfruttare al meglio i lavoratori la liberalizzazione del contratto a termine è di gran lunga il più subdolo e vigliacco, perché un contratto di lavoro a tempo determinato non può essere slegato da particolari esigenze di produzione come la stagionalità o improvvise e prevedibilmente temporanee necessità di mano d’opera.
Rendere un contratto a termine “normale” per qualsiasi tipo di impiego è certamente un modo per potersi sbarazzare legalmente di un lavoratore senza dover neppure pagare i miseri indennizzi di cui trattano le due schede precedenti, ma è soprattutto un ricatto di stampo mafioso: Io padrone ti garantisco un salario basso e un futuro seppur breve e precario in cambio della tua docilità a qualsiasi mia richiesta.
Un rapporto psicologicamente distruttivo
Un rapporto lavorativo di questo tipo non è soltanto concettualmente aberrante e psicologicamente distruttivo, perché un lavoro precario per definizione può aver garantito un certo periodo di sopravvivenza ma ha reso impossibile per quasi tre milioni di famiglie l’accesso a qualsiasi forma di prestito fiduciario, dal mutuo per la casa alla rateizzazione dell’acquisto di un’automobile.
Qua in gioco non c’è soltanto la dignità del lavoratore e il suo salario, è il lavoro stesso ad essere derubato della sua qualità più importante che in ultima analisi è il sale della vita stessa:
La possibilità di fare progetti.
.
Mario Piazza