DA REDAZIONE
Marco Cesario da ARTICOLO VENTUNO –
Mentre Donald Trump annuncia di voler “studiare attentamente” un’azione legale contro il New York Times, la libertà di stampa negli Stati Uniti e nel mondo subisce colpi sempre piu’ gravi.
A lanciare l’allarme è Reporters sans frontières (RSF), che nella sua classifica annuale pubblicata il 2 maggio ha registrato un “preoccupante deterioramento” della situazione, in particolare proprio negli Stati Uniti, dove il paese è sceso di due posizioni, al 57° posto su 180. “La situazione non era già rosea”, ha ammesso Anne Bocandé, direttrice editoriale di RSF, all’AFP, ricordando che già nel 2024 gli USA avevano perso dieci posizioni. Ma il ritorno di Trump alla Casa Bianca, sottolinea l’organizzazione, ha aggravato la situazione: “Attacchi quotidiani alla stampa, emarginazione dei giornalisti, politicizzazione delle istituzioni e crollo della fiducia nei media” sono solo alcuni degli effetti imputati all’amministrazione repubblicana. RSF denuncia inoltre lo smantellamento dei media pubblici americani all’estero, come Voice of America, privando oltre 400 milioni di persone nel mondo di fonti d’informazione indipendenti. Il congelamento dei fondi USAID ha avuto ricadute drammatiche: centinaia di media, in particolare in paesi di guerra come l’Ucraina, sono stati costretti alla chiusura.
Secondo un rapporto del Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), pubblicato a inizio settimana, “la libertà di stampa non è più un diritto acquisito negli Stati Uniti”. Lo stesso rapporto documenta i primi 100 giorni del secondo mandato di Trump come un periodo di “ostilità istituzionalizzata” verso l’informazione libera Ma non è solo Washington a preoccupare. RSF denuncia che nel mondo si stanno moltiplicando “deserti informativi”, in particolare a causa del collasso dell’informazione locale e della crescente dipendenza economica dei media dalle piattaforme digitali. “Le pressioni economiche sono meno visibili delle violenze fisiche, ma rappresentano un ostacolo altrettanto grave alla libertà di stampa”, avverte l’ONG.
In Europa, la Francia scivola al 25° posto, perdendo quattro posizioni. La causa, spiega Thibaud Bruttin, segretario generale di RSF su France Inter, è la “concentrazione proprietaria della stampa in mano a dieci grandi patrimoni”, tra cui spicca il nome di Vincent Bolloré. Questa concentrazione, unita alla dipendenza pubblicitaria dalle Big Tech, “mina l’indipendenza delle redazioni” e aggrava la precarietà strutturale dell’informazione.
In Italia, ammonisce RSF, la libertà di stampa continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose. I giornalisti lamentano inoltre il tentativo della classe politica e del governo di ostacolare la libera informazione in materia giudiziaria con una «legge bavaglio», che si aggiunge alle procedure intimidatorie (SLAPP) già diffuse nel Paese. Secondo RSF i professionisti dell’informazione talvolta cedono all’autocensura, sia a causa della linea editoriale seguita dai loro media, sia per timore di eventuali azioni legali come denunce per diffamazione. La situazione rischia di aggravarsi per i giornalisti che si occupano di cronaca giudiziaria a causa della “legge bavaglio”, approvata dalla maggioranza del governo della premier Giorgia Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino al termine dell’udienza preliminare. I sindacati denunciano inoltre la crescente ingerenza politica nei media pubblici. La criminalizzazione della diffamazione e le numerose procedure restrittive inoltre minacciano il libero esercizio del giornalismo. I media, argomenta RSF, dipendono sempre più dagli introiti pubblicitari e da eventuali sovvenzioni pubbliche. Anche la stampa scritta deve fare i conti con un calo progressivo delle vendite. Inoltre, l’annunciata acquisizione di una delle principali agenzie di stampa italiane, l’Agenzia Giornalistica Italiana, da parte di un deputato della maggioranza e proprietario di diversi grandi quotidiani italiani, Antonio Angelucci, evidenzia la minaccia della concentrazione dei media e dei conflitti di interesse. I giornalisti che poi indagano sul mondo della criminalità organizzata, sui casi di corruzione e sulle mafie sono sistematicamente minacciati, se non addirittura aggrediti fisicamente, a causa del loro lavoro di indagine. I loro veicoli o le loro abitazioni sono talvolta distrutti da incendi dolosi. Contro chi approfondisce queste questioni vengono orchestrate campagne di intimidazione online. Una ventina di giornalisti vivono attualmente sotto protezione permanente della polizia a seguito di intimidazioni o aggressioni.
Situazione a Gaza grave, disastrosa, dice RSF. L’ONG accusa l’esercito israeliano di “aver distrutto redazioni e ucciso quasi 200 giornalisti” dal 7 ottobre 2023. Il Sindacato dei giornalisti palestinesi parla di genocidio mediatico, documentando oltre 210 operatori dell’informazione uccisi in 17 mesi di guerra. Numerose redazioni sono state rase al suolo e decine di professionisti sono stati arrestati o minacciati. Nel giorno della Giornata mondiale della libertà di stampa, celebrata il 3 maggio, il comunicato dei giornalisti palestinesi è un atto d’accusa: “Ogni goccia di sangue versata, ogni anima che è tornata al Creatore e ogni dolore sopportato da un giornalista non saranno vani”. E ancora: “Che il 3 maggio sia davvero un giorno per la libertà di stampa, non solo uno slogan”. Intanto, l’Europa si interroga. L’Italia, la Germania e altri Paesi dell’UE osservano con crescente preoccupazione la fragilità del pluralismo mediatico. Ma è la scena internazionale a dare la misura della crisi: dal Medio Oriente al continente americano, il giornalismo è sotto attacco. “Il diritto dei cittadini del mondo di essere informati è compromesso”, ha detto Pablo Aiquel, segretario dello SNJ-CGT, parlando a nome della Federazione Internazionale dei Giornalisti.
La sfida per il 2025 non è solo mantenere la libertà di stampa, ma difenderla attivamente da chi cerca di soffocarla, giorno dopo giorno, con bombe, leggi, querele e censura.
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Articolo di Marco Cesario dalla redazione di
3 Maggio 2025