DI PIERO ORTECA
Da REMOCONTRO –
Israele-caos: un Primo ministro che arriva alle denunce e contro-denunce con il capo dei suoi Servizi segreti. Questo nel cuore di un’area di crisi, dove si giocano i destini di un’intera regione, e una parte degli equilibri geopolitici di tutto il pianeta. Ancora più ‘strambo’ e significativo il quasi silenzio della stampa occidentale vicina ad Israele, tra imbarazzo e complicità.

Director of the Israeli Security Agency (Shin Bet) Ronen Bar
Vicenda semplice ma brutale negli sviluppi
Il chiacchieratissimo Presidente del consiglio israeliano, Benjamin Netanyahu, avrebbe cercato di «indirizzare» politicamente le attività del prestigioso (e temuto) Shin Bet, il Servizio di sicurezza interna. Cioè, un’agenzia che per natura, missione e finalità dipende e lavora solo per lo Stato, garantendo sicurezza e occupandosi di controspionaggio. E che, in ogni caso, prende direttive che perseguono solo scopi di interesse collettivo. Non ricevendo mai, insomma, eventuali ‘suggerimenti ad personam’. Secondo la bufera mediatica, che sta spazzando la politica interna israeliana, Netanyahu invece avrebbe superato tutte le ‘linee rosse’, chiedendo al capo dello Shin Bet, Ronen Bar, cose che non si potevano fare. E quando quest’ultimo ha puntato i piedi, rifiutando di farle, è scoppiato il finimondo.
Iracondo premier
L’iracondo premier gliel’ha giurata e lo ha progressivamente emarginato, riducendo di conseguenza il peso e il contributo dello Shin Bet alla sicurezza del Paese. Non solo. Ma quando i dissapori sono continuati e una definitiva cortina di gelo è scesa fra i due, Netanyahu ha pensato bene di ‘dimettere’ Ronen Bar, addossandogli tutte le colpe dell’immane tragedia del 7 ottobre. Un alibi? Probabile. Questo però gli ha consentito di liquidare definitivamente la pratica, come d’altro canto aveva già fatto in precedenza in situazioni simili, non incontrando resistenze di sorta. Ma, prima o dopo le magagne, spinte dal tempo (e dagli uomini) tornano a galla. Figurarsi se non succedeva in un Paese come Israele, spesso in lotta non solo con gli altri, ma innanzitutto con se stesso. Così, Ronen Bar all’inizio è rimasto al suo posto, ma poi è partito al contrattacco. Ha preso carta e penna e ha cominciato a scrivere un chilometrico “papello” sulle nefandezze (o presunte tali) commesse da Netanyahu.
I segreti inconfessabili
Giocava in casa, nel senso che, come capo dello Shin Bet, conosce anche quanto zucchero mette nel caffè il Premier. Insomma, se Netanyahu doveva proprio trovarsi un nemico, si è scelto quello peggiore di tutti. Ma la vera bomba atomica di tutta la vicenda doveva ancora arrivare, perché Ronen Bar non ha spifferato quello che sapeva ai giornali. Ha fatto di peggio. È andato, dritto filato, alla Corte Suprema dello Stato ebraico, a contestare il suo licenziamento, con una dichiarazione giurata devastante.
Qualche assaggio di rivelazione
Ecco cosa sostiene il quotidiano di Tel Aviv, Haaretz: «Bar ha scritto che Netanyahu gli ha detto più di una volte che lo Shin Bet prendesse provvedimenti ‘contro i cittadini coinvolti in attività di protesta e manifestazioni’ fuori dagli uffici governativi, e di indagare sui ‘finanziatori’. Queste richieste, ha continuato Bar, sono state avanzate dopo che Netanyahu aveva ordinato al suo segretario militare e alla sua stenografa di lasciare la stanza, con il chiaro intento di garantire che non ci fosse traccia di ciò. Inoltre – prosegue Haaretz – una questione particolarmente grave menzionata nel documento era la richiesta di Netanyahu al direttore dello Shin Bet di dimostrare lealtà a lui personalmente, piuttosto che allo Stato. Secondo Bar, Netanyahu gli aveva detto che ‘se fosse scoppiata una crisi costituzionale’ Bar avrebbe dovuto ‘obbedire al primo ministro piuttosto che alla Corte Suprema’. Questa è una richiesta che danneggia direttamente e in modo devastante il fondamento della democrazia e in totale contrasto con lo Stato di diritto».
“Megatoni giuridici”
Non esistono i ‘megatoni giuridici’, ma di sicuro, quanto ha detto Ronen Bar davanti all’Alta corte fa apparire le altre eventuali noie legali di Netanyahu, come piccoli impicci d’ordinanza. E così si è chiuso il cerchio e hanno cominciato a fiorire, anzi, a moltiplicarsi illazioni, sospetti e machiavellici teoremi. Perché a fronte di tutto questo sfascio politico crescono anche le divisioni nella stessa società israeliana. Colto con le mani nella marmellata istituzionale, Netanyahu ora cerca di difendersi gridando al complotto. Cosi, come nel Gioco dell’oca, ogni volta che si tirano i dadi, in Israele, non sai mai se, anziché andare avanti, tornerai indietro. È proprio il caso dell’affaire Shin Bet, che, gratta gratta, sta facendo riemergere lo scontro sulla riforma costituzionale.
Inchiesta “Qatargate”
La lingua batte dove il dente duole e già a destra si parla di un ‘partito trasversale’ che si oppone a Netanyahu e che sarebbe appoggiato da ambienti giudiziari. Intanto, il Premier davanti alla Corte suprema «ha scatenato un feroce attacco personale contro Bar – scrive Haaretz – cercando di attribuirgli la piena responsabilità del disastro del 7 ottobre». Bar, invece, a sorpresa, come ultima mossa, ha confermato le dimissioni per il 15 giugno, e con un discorso di commiato nella sede dello Shin Bet, ha anche parlato dell’inchiesta Qatargate.
“Ha detto che «i legami tra i collaboratori di Netanyahu e il Qatar – come riporta Haaretz – potrebbero compromettere la sicurezza nazionale. Licenziarlo mentre sta indagando su membri dello staff di Netanyahu in questa vicenda, poi, è un chiaro caso di conflitto di interessi. Il Primo ministro ha anche chiesto a Bar di fornirgli un falso alibi che gli permettesse di evitare di testimoniare nel processo penale. Certo – conclude velenosamente Haaretz – Netanyahu ha negato tutto lunedì, davanti ai giudici. Ma non c’è motivo di credere a qualcuno che ha già dimostrato che la sua parola non vale nulla».”
.
Articolo di Piero Orteca dalla redazione di
30 Aprile 2025