DA REDAZIONE
La questione del commissario per la ricostruzione dopo il disastro dell’esondazione sta diventando un’operazione di sciacallaggio del Governo che usa la disgrazia per regolare conti rimasti in sospeso.
Emilia Romagna, il Governo fa la guerra a Bonaccini
In una società basata sulla crescita un cambio di indirizzo in chiave ambientale radicale, cioè un blocco fisico della stessa, se non una inversione nel consumo di suolo, è ancora più arduo che intaccare la distribuzione dei suoi frutti.
I problemi sono di una complessità enorme e chi deve governare sulla base del consenso è normale che inclini a barcamenarsi. Per come le cose sono evolute da almeno un mezzo secolo a questa parte nella fascia pedemontana modenese, dando cioè luogo a un sistema insediativo di inusitata intensità dove centri commerciali, in casati residenziali ed industrie si susseguono in un budello che si svolge da Vignola a Scandiano senza soluzione di continuità, ad esempio, rinunciare alla bretella di Sassuolo significherebbe comunque tenere un traffico veicolare pesante incredibilmente caotico.
Gli stessi comuni sono implicati nella crescita e i loro piani regolatori inclinano ad un eccesso di edificazioni. Per quanto Bonaccini abbia fatto ben poco, se non di peggio, per sottrarre la dinamica regionale a questo circolo vizioso, la questione del commissario per la ricostruzione dopo il disastro dell’esondazione, deve essere distinta da questo genere di considerazioni.
In gioco c’è una questione politica e istituzionale che non può lasciare indifferenti la popolazione e le istituzioni nelle quali si rispecchia. Anche a prescindere dai nomi di cui si vocifera, fra i quali anche il fascistello locale aduso a mascherarsi da SS, approdato alla corte della Meloni (un vero e proprio sputo in faccia), un Commissario esterno sotto il controllo diretto dell’esecutivo suonerebbe di fatto come un commissariamento della regione e l’esautoramento del suo sistema politico.
Bonaccini va sostenuto non perché sia mondo di responsabilità, o, a contrario, perchè è comunque più preparato circa il territorio di qualsivoglia tecnico. Ma perché è stato eletto dagli emiliano-romagnoli, li rappresenta, e a loro deve rendere conto del suo operato.
In gioco è il rispetto delle capacità di autogoverno della popolazione regionale, la quale si troverebbe espropriata del bene ad essa più caro e prezioso. Chiamiamo le cose col loro nome. Quella della destra, sia meloniana che leghista, è una vera e propria provocazione.
Una operazione di sciacallaggio che usa la disgrazia (per la quale ha del resto in serbo, in ipotesi, ricette ben più truculente a servizio del demone della crescita) per regolare conti rimasti in sospeso da quella regolazione maestra che fu la lotta di liberazione. Sciacalli, cioè fascisti.
Anche chi è animato da più che giustificate riserve critiche di merito su Bonaccini dovrebbe capire la posta in gioco: impedire che gli sciacalli dilaghino nella regione stravolgendone il profilo migliore.
Articolo di Fausto Anderlini, dalla redazione di
9 Giugno 2023