A CENA CON UN CAMORRISTA

DI GRAZIELLA DI MAMBRO PEDOTO

Mi sono imbattuta in un camorrista vero e a momenti non lo riconoscevo.

Ho festeggiato il mio Ferragosto seduta a tre tavoli di distanza dalla camorra bene, feroce ma elegante, armata, lucida dalle droghe, ricchissima ma, al fondo, isolata, temuta eppure spaventata.
Siamo sulla più bella spiaggia di Gaeta e la serata è esclusiva: cena da 210 euro a persona, candele, musica di un rapper del momento, prosecco ghiacciato, lanterne sulla sabbia, le signore con vestiti di piuma nonostante le taglie 48, come usa questa estate. E’ un luogo promiscuo, un ristorante esclusivo perché costoso dove o sei un professionista affermato oppure un camorrista con la scorta. Il mio vicino di tavolo è della seconda categoria: trent’anni, ufficialmente produttore di mozzarella di bufala a San Cipriano d’Aversa, camicia azzurra, mise solo apparentemente casual, iniziali ai polsi, D.F., pantaloni firmatissimi, mocassino inglese, barba appena accennata. Un uomo giovane e bello. Quando arriva al ristorante la pierre lo accompagna sorridente ad un tavolo che è un po’ defilato rispetto al trionfante ovale ricavato al centro della sala e la sua è l’unica sistemazione senza fiori. Lui accenna un sorriso di pura cordialità. E’ un giovane uomo triste nella sua ricchezza ovattata ma evidente. Non è con una donna e non ne avrà al suo tavolo. Ha due amici accanto. Non sono veri amici e si vede, sono la sua scorta armata, due sgherri suoi coetanei che non lo mollano mai per più di trenta centimetri e siedono ai lati del tavolo da cinque posti dove, però, ci sono solo tre ospiti, lui, il capo da proteggere, al centro, gli altri due ai lati, di nero vestiti, con le sneakers più alla moda di questa stagione, nere pure quelle. Uno è pieno di tatuaggi e il più vistoso, sull’avambraccio, ritrae zio Paperone circondato dai dollari. Così va la vita per questa generazione di giovani camorristi di cui tutti si accorgono questa sera ma che tutti facciamo finta di ignorare. L’allure del trentenne scortato è nell’aria: viene servito per primo tra tutti i cento clienti della cena di gala del 14 agosto che annuncia la festa di mezza estate, solo acqua a quel tavolo mentre attorno l’acool scorre in allegria insieme a molto hascisc sulla spiaggia lì vicino. Gli animatori, le ballerine, il dj ignoreranno quel tavolo, nessuna delle pierre si avvicinerà per invitarli al “trenino”. Discrezione e rispetto per quel terzetto che vuole soltanto trascorrere una serata tranquilla a Gaeta, nel tradizionale buen retiro della camorra bene, quella che non spara e non si sporca le mani. Non qui. Eppure loro tre non sono tranquilli né felici, né si stanno divertendo. Si vede. Le due guardie del corpo continuano a ispezionare con lo sguardo ogni metro quadrato del locale, quando il capo va al bagno lo accompagnano, uno dei bodygard entra per primo e ispeziona pure lo spazio del water. Tornano al tavolo. Non hanno mangiato quasi nulla, non hanno applaudito le ballerine di flamenco, non partecipano al gioco del fazzoletto. Il tempo scorre lento e si vede un giovane uomo che teme di essere ammazzato la notte di Ferragosto. O teme qualcosa di molto simile anche qui a Gaeta, lontano alcune decine di chilometri dalla sua città, dove la situazione è così complicata da essersi resa necessaria la scorta. Nella banca dati della Dia lui ha solo qualche piccolo precedente, reati economici da nulla ma nella relazione allegata è indicato come uno la cui famiglia è legata alla vecchia guardia del clan dei casalesi e che pertanto entra a pieno titolo nella schiera di quelli che rischiano in questo momento di ricostruzione della mappa del potere criminale nella zona dell’agro aversano. A Gaeta è arrivato con Suv e i due angeli custodi che gli stanno incollati. Viene spesso da queste parti e in questo locale perché anche i titolari lo conoscono bene e hanno preparato un angolo appositamente per lui. Per tutta la durata della scintillante festa di Ferragosto in cui sono capitata per caso non faccio altro che osservare quel terzetto di trentenni che, se la loro fosse stata una vita normale ad un’altra latitudine, a quest’ora se ne starebbero tranquilli con fidanzate, amici, un cane e forse anche la mamma. Invece sono nati e cresciuti nel feudo del clan dei casalesi dove ogni cosa ha un prezzo fatto di violenze e soprusi, dove ti salvi se stai attento e sei anche tu violento.Oppure te ne vai. Guardo da vicino lui e vedo la camorra “biocompatibile”, capisco cosa significa prendersi i soldi che i camorristi spendono in quantità nei locali della costa pontina senza che nessuno fiati, perché i clienti come questo bel giovanotto sono esattamente le persone che l’economia di qui desidera, affezionate presenze che hanno tanto denaro da spendere e non serve chiedersi dove lo prendano, se dal traffico di cocaina o dalla corruzione negli appalti, dalle estorsioni e dal traffico di armi, oppure, ancora oggi, dal traffico dei rifiuti tossici.
Questa notte una cosa mi è ancora più chiara: non è vero che questo tipo di criminalità organizzata si camuffa e si rende irriconoscibile. No, è riconoscibilissima. Tutti, ma proprio tutti, in questa sala sanno chi è l’uomo al tavolo dove non viene servito vino e sanno chi sono i due ceffi al suo fianco e tutti fanno finta di nulla. Non è successo niente questa sera di Ferragosto a Gaeta, la festa può continuare. A mezzanotte c’è il trenino con il solito refrain sudamericano, brindiamo con bottiglie da un litro e mezzo di champagne, sorridiamo tra noi e ci scambiamo gli auguri di buona estate e stiamo col naso all’insù mentre dalla spiaggia partono i fuochi d’artificio nella serata vip dove uno solo non si sta divertendo perché ha paura di morire eppure continua a vivere tra le piume e le risate.
La grande bellezza a sud di Roma.
Quando tutto è finito sono le tre del mattino. Il “nostro” è stato il primo ad andare via, lo aspettava il suv parcheggiato davanti all’ingresso principale del resort con i vetri più scuri di questa notte troppo scura per essere una notte d’agosto.
Tanti saluti da Gaeta, dove tra poco è autunno.