BREVI E FORSE SCONTATE RIFLESSIONI SUL LAVORO

DI GIANFRANCO ISETTA

Sembra riprendere il confronto tra imprese e sindacati dei lavoratori su come uscire da questa crisi cercando di rilanciare le attività economiche ma con l’obiettivo di tutelare e riguadagnare il valore, la dignità del LAVORO E DEI LAVORATORI.

Veniamo da una lunga fase durata almeno quattro decenni in cui il lavoro ha pesato sempre meno e la recente pandemia non ha fatto che aggravare ulteriormente, con l’inevitabile crollo economico, le condizioni dei lavoratori e delle famiglie.

Dopo la sconfitta operaia alla Fiat nel 1980, malgrado la straordinaria, quasi disperata ( e ricca di simbologia) immagine di Enrico BERLINGUER davanti ai cancelli di Mirafiori è iniziato un lungo periodo che ci ha portato sino ad oggi.

Un periodo che ha visto la progressiva mortificazione del LAVORO come SENSO, come VALORE, come espressione della dignità delle persone ed è persino quasi banale ripeterlo.

Sono prevalsi altri modelli legati all’immagine, all’inconsistenza, fino a giungere ad una sfacciata esibizione della ricchezza da parte di alcuni (privilegiati?) come espressione di successo, di capacità e di furbizia.

Il lavoro è stato sempre più relegato in secondo piano, nella migliore delle ipotesi , commiserato certamente allontanato dai modelli proposti alle giovani generazioni.

Il berlusconismo è stato in qualche modo attore ma anche figlio di questa tendenza più profonda e di più lungo periodo.

Oggi ci si accorge in molti che questa era soltanto una gigantesca mistificazione della realtà, che non può esserci Dignità e quindi Civiltà senza che al centro ci sia il LAVORO.

La crisi pandemica si sta rivelando come la cartina di tornasole, se mai ce ne fosse stato bisogno, di questa oggettiva centralità del lavoro. Ora tutti (o  quasi) sembrano rendersene conto.

Le affermazioni circa la necessità di una uscita dalla crisi attuale in modo diverso si sprecano, anche se posizioni come quella del neopresidente di Confindustria Bonomi sembrano guardare con l’occhio rivolto al passato, nell’illusione di poter ripristinare i vecchi rapporti, come nulla fosse accaduto e stia accadendo. Sembra non comprendere che le vecchie logiche di mercato non tengono più, che ci vuole una profonda innovazione nei rapporti, e non solo nel mondo del lavoro, che riporti al centro la dignità delle persone. I CONTINUI E GRAVI INFORTUNI SUL LAVORO, SPESSO MORTALI, E ALCUNI DISASTRI RECENTI SONO TUTTI FIGLI NON DI UNA NON CURANZA MA DI UNA LOGICA CHE METTE AL PRIMO POSTO IL GUADAGNO A TUTTI I COSTI E NON LA SICUREZZA E LA SALUTE DELLE PERSONE.

INOLTRE SU QUESTA INSISTENZA NEL POTER TORNARE A LICENZIARE IL PIU’ PRESTO POSSIBILE E’ FIGLIA DELLASTESSA LOGICA.

Ci si accorge in molti quindi che la speranza del futuro è stata uccisa da un modello economico-sociale barbaro, nemico della persona, anche stupido nella sua incapacità di guardare avanti.

Possiamo tornare a dire con Marx che il LAVORO come espressione della creatività umana è il vero motore della Storia?

Possiamo cominciare a dire che NON il totem della COMPETITIVITA’ , del riconoscimento del SUCCESSO ad ogni costo, magari in alcuni casi  prevaricando sugli altri,  sono la molla che muove il mondo ma LA CURIOSITA’ (quella che stimola la nostra voglia di sapere, conoscere e saper fare) che è anche nemica della PAURA (del nuovo, del diverso, del non conosciuto, della perdita di qualche cosa) e con essa la VISIONARIETA’ che ci consente di immaginare il nostro futuro e di crearlo (penso a figure come Steve Jobs o ad Albert Einstein che arrivò a definire la relatività generale e la gravità, immaginando una realtà non direttamente visibile)

Einstein e come lui altri scienziati (e non solo) non pensavano al ”riconoscimento del proprio merito” nel loro lavoro: il merito c’era già in sé, in quello che facevano, il riconoscimento non riguardava loro che cercavano solo di soddisfare la loro curiosità di sapere e di fare (ed in questo c’era la loro gratificazione).

Forse se riuscissimo a liberarci di questi assurdi e incredibili modi di pensare che pure vanno per la maggiore anche tra i cosiddetti “riformisti” di sinistra e recuperassimo il VALORE reale delle cose che facciamo per quel che sono e non per il prezzo che il “mercato” assegna loro, forse se appunto il LAVORO tornasse al centro, le attuali odiose e sempre più grandi disparità economiche e sociali si potrebbero eliminare e le persone libere di esprimere pienamente e senza vincoli le proprie capacità.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che si ripropone l’idea una società comunista!?

Bene corriamo il rischio, ma non di una rifondazione di qualche cosa che non si è mai realizzato, bensì della costruzione di una società, in fondo, solo meno stupida.

 

La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo.

Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.”

(A.Einstein)