LA FIGLIA DI COSSIGA: «MORO? MIO PADRE DI NOTTE DICEVA: SONO STATO IO A UCCIDERLO»

DI GIOVANNI FASANELLA

«Per un lungo periodo non ne ha parlato. Lo capivo: si fa fatica a confidarsi con i figli quando sono ragazzi. Ma il suo dolore era visibilmente somatizzato: i capelli gli diventarono bianchi, la pelle macchiata dalla vitiligine. Si sentiva responsabile di quella morte. E sì, capitava che di notte si svegliasse dicendo: “L’ho ucciso io”»

(Corriere.it)

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Anna Maria Cossiga, figlia dell’ex presidente della Repubblica, racconta a Marzio Breda del Corriere il dramma del padre. E’ forse la prima volta che dalla famiglia giunge una testimonianza diretta, esplicita e così preziosa.
Ho conosciuto Cossiga nel 1985, io ero notista politico dell’Unità, lui presidente del Senato. L’ho ritrovato una manciata di anni dopo, nel 1990, lui era presidente della Repubblica, io quirinalista del settimanale Panorama. Ebbi occasione di parlare con lui diverse volte. E lo seguii anche in qualche viaggio all’estero, negli Usa e in Gran Bretagna. Sapevo di quel dramma. Lo raccontai, in parte, nei miei libri: è lì, in quel devastante conflitto interiore, la chiave per comprendere la vicenda Moro.
Non fu lui a volerne la morte. Ma lui non riuscì a impedirla. E non perché non volesse, ma perché non poteva. La sua impotenza derivava dal fatto che il potere di salvare l’amico e maestro gli era stato sottratto. Non ebbe però mai il coraggio o la forza di denunciarlo all’opinione pubblica e alla magistratura. O, molto più probabilmente, era convinto che fosse più conveniente tacere. Per il bene del Paese, dal suo punto di vista. Sapeva infatti che i brigatisti rossi erano soltanto delle comparse, in quell’immane tragedia storica.