DA REDAZIONE
Alberto Bobbio da REMOCONTRO –
Il vice presidente degli Stati Uniti Vance e il presidente ucraino Zelensky. Anche la presidente della commissione Ue Ursula Von der Leyen. Col presidente della Repubblica Matterella, la capo del governo e ministri vari. 156 delegazioni dal mondo. Lasciando la cronaca al dopo evento, una riflessione ‘geopolitica’ su questo pontificato insediato ufficialmente oggi, da parte di Alberto Bobbio, vaticanista e nuova firma di Remocontro.
Dossier geopolitico e diplomatico
Il dossier geopolitico e diplomatico è in cima a tutte le attenzioni del nuovo Pontefice. Nella prima settimana dopo le elezioni ancora prima dell’attuale messa di inizio Pontificato, che una volta era chiamata ‘dell’intronizzazione’, Prevost ha lanciato la sfida ai leader mondiali aprendo una prospettiva nuova, schierando se stesso e la diplomazia della Santa Sede, cioè mettendosi a disposizione per una trattativa che porti alla fine del conflitto in Ucraina con un passo in avanti che può essere decisivo.
Papa e Vaticano schierati per la pace
Papa Leone XIV, parlando mercoledì in Vaticano ai fedeli e al clero delle Chiese cattoliche orientali, non ha semplicemente esortato i leader mondiali al dialogo e alla trattativa, ma ha aperto un processo che può portare sviluppi clamorosi. Ha detto: «Perché questa pace si diffonda io impiegherò ogni sforzo». Prevost dunque si mette al centro e annuncia che «la Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della persona».
Non solo esortazione ma progetto
È un’accelerazione impressa sul piano geopolitico, non più un’esortazione, ma un preciso progetto con il Papa nel ruolo di mediatore: «i popoli vogliono la pace ed io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei poli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo!». E quell’«io» pretende una risposta. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato e numero uno della diplomazia vaticana, ha precisato poco dopo che la Santa Sede offre «uno spazio per facilitare». E di fronte al fallimento, definito da Parolin ‘tragico’ del vertice di Istanbul, il segretario di Stato ha rilanciato venerdì 16 maggio la proposta di una nuova mediazione diretta della Santa Sede, mentre il Papa stava ricevendo al Palazzo Apostolico gli ambasciatori accreditati in Vaticano.
Con gli ambasciatori
Anche la tempistica in questi casi è importante. Leone XIV ragiona con i capi-missione in termini generali e conferma punto per punto la visione di Bergoglio su multilateralismo, commercio delle armi, clima, migranti e giustizia sociale e il suo capo della diplomazia conferma che un tavolo è pronto in Vaticano per Mosca e Kiev e intanto mette il Protocollo al lavoro per un possibile incontro tra il vice presidente americano J.D. Vance e il Papa, probabilmente oggi stesso dopo la messa di inizio del pontificato. Ma il discorso ai diplomatici va letto con attenzione.
Parola pace a segnare il pontificato
La parola ‘pace’, la prima che Prevost ha pronunciato dopo la fumata bianca dalla loggia della benedizione e che ha ripetuto più volte in questa settimana, è stata declinata in modo molto concreto pur con il linguaggio della semantica ecclesiastica. Leone XIV ha spiegato che non va intesa come «mera assenza di guerra e di conflitto», ma come «dono attivo» che sbaraglia orgoglio e rivendicazioni e «le promesse di ogni distruttiva volontà di conquista». Sono parole perfette di fronte alla crisi ucraina. E cosa c’è di più attivo di un tavolo a disposizione in Vaticano con Mosca e Kiev da una parte all’altra con il Pontefice a capotavola?
“Ufficio per le mediazioni pontificie”
Leone XIV insomma rilancia, anzi propone, qualcosa di assolutamente nuovo ma, in linea con l’altissima tradizione diplomatica della Santa Sede, e apre scenari inediti. Eppure l’idea di una struttura permanente nella Curia romana per le mediazioni delle crisi non è nuova. Negli anni scorsi quando si discuteva di riforma della Curia, era stata ventilata l’idea di aprire in Segreteria di Stato un vero e proprio «Ufficio per le mediazioni pontificie», Paese sempre terzo con l’unico interesse per la pace e la libertà religiosa. È un’ipotesi che è stata discussa anche al cosiddetto C9, quel consiglio di cardinali che Jorge Mario Bergoglio aveva voluto come suo organo consultivo.
“Praedicate Evangelium”
Nella nuova costituzione apostolica della Curia romana «praedicate Evangelium», quell’Ufficio non è stato previsto probabilmente solo per mancanza di risorse. Ma le parole di Prevost in questi giorni ne hanno rilanciato la necessità. Si sa che Pietro Parolin, che sull’argomento è tornato in varie interviste, lo vede come strategico. In passato la Santa Sede ha svolto ruoli di mediazione per la soluzione delle crisi.
Le mediazioni, i successi e le parole inascoltate
“Il Trattato di Amicizia tra Argentina e Cile che pose fine alla disputa sul Canale di Beagle fu un successo della diplomazia vaticana al termine del secolo scorso. Poi ci furono i tentativi di Giovanni Paolo II che inviò il cardinale Pio Laghi dal presidente George W. Bush per scongiurare la seconda Guerra del Golfo, chiedendo la rinuncia all’attacco. Ma Bush non volle nemmeno leggere la lettera di Karol Wojtyla. Nel 1999 Giovanni Paolo II mandò a Belgrado l’allora “ministro degli esteri” vaticano Jean Louis Tauran a parlare con Milosevic per chiedere una tregua pasquale in piena guerra del Kosovo. Tauran arrivò nella capitale serba attraverso un corridoio protetto e ottenne la tregua sia da Milosevic sia poi dalla Nato per la Pasqua ortodossa.”
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Articolo di Alberto Bobbio dalla redazione di
18 Maggio 2025