Israeliani uccisi. Netanyahu: “chi difende i palestinesi istiga gli antisemiti”

DI ENNIO REMONDINO

 

Da REMOCONTRO –

Due giovani impiegati del dipartimento politico dell’ambasciata di Israele a Washington uccisi mercoledì sera. Il responsabile, Elias Rodriguez, si consegna alla polizia: ‘L’ho fatto per Gaza’. L’Fbi nel suo appartamento: «Giustizia per Wadea», il bambino di sei anni americano palestinese ucciso a Chicago due anni fa. Netanyahu: «chi difende i palestinesi istiga gli antisemiti». Antisemitismo, gli alibi del governo israeliano

Antisemitismo o indignazione per Gaza?

A gettare qualche luce su questa vicenda è un manifesto pubblicato online che sembra appartenere a Rodriguez. Il documento, intitolato «Escalate For Gaza, Bring The War Home» (intensificare le azioni per Gaza, portare la guerra a casa) accusa Israele di genocidio ed esprime rabbia per le «atrocità commesse dagli israeliani contro la Palestina». Fa riferimento all’«azione armata» come una valida forma di protesta, «l’unica cosa sensata da fare». Il messaggio si conclude con «Liberate la Palestina – Elias Rodriguez». Una motivazione politica e non un’azione dettata di antisemitismo di cui nel manifesto non risulta traccia. Mentre, segnale pessimo per gli Stati Uniti, il passaggio a un altro livello di opposizione in risposta alla repressione di Trump del dissenso espresso dal movimento ‘ProPal’

“Chi difende i palestinesi istiga gli antisemiti”

Tutti colpevoli meno lui, il massacratore di Gaza. «Il governo israeliano ieri era un fiume in piena contro la Francia, contro l’Ue, contro i pacifisti in Occidente, contro il mondo intero. Tutti moralmente colpevoli, secondo il premier Netanyahu, di aver ‘fomentato’ l’uccisione a Washington dei giovani diplomatici, accusando Israele di commettere a Gaza crimini di guerra e contro l’umanità». Dopo Marina Catucci da New York, Michele Giorgio da Gerusalemme. «Per Tel Aviv la rioccupazione della Striscia è giusta, come lo stop agli aiuti umanitari per i civili palestinesi. E Israele, hanno ripetuto Netanyahu e il resto del governo ‘non sta violando la legge internazionale’».

“Mai uno Stato palestinese”

Netanyahu ha accusato Francia, Regno unito e Canada di sostenere la creazione di uno Stato palestinese indipendente che «metterebbe in pericolo l’esistenza di Israele». Ministro degli Esteri, Gideon Saar, «Questo è ciò che accade quando i leader del mondo si arrendono alla propaganda terroristica palestinese». ‘Istigazione antisemita, «perpetrata anche da leader e funzionari di molti paesi e organizzazioni, soprattutto europei». Non ha fatto i nomi. Ma anche lui si è riferito a Francia e Gran Bretagna che si sono unite al Canada nel minacciare «azioni concrete contro Israele per la sua devastante offensiva a Gaza». Il suo collega per gli Affari della Diaspora, Amichai Chikli, ha puntato il dito contro il presidente francese Macron, il premier britannico Starmer e quello canadese Carney che, «dovrebbero essere ‘ritenuti responsabili’ della sparatoria di Washington. Parigi ha definito queste accuse ‘oltraggiose e ingiustificate’».

Contro il dissenso ebraico in casa

Netanyahu e i suoi ministri hanno sparato a zero anche sugli israeliani che non appoggiano la guerra ad oltranza a Gaza e le crudeltà sui civili palestinesi. A cominciare da Yair Golan, il leader del partito di opposizione ‘I Democratici’, che a inizio settimana ha accusato il governo di praticare crimini di guerra e di «uccidere i bambini palestinesi per hobby», come rileva il manifesto. Secondo il ministro del Patrimonio Amichai Eliyahu «le accuse di sangue di Yair Golan riecheggiano tra i nazisti e gli odiatori di Israele in tutto il mondo…Yair, il sangue dei dipendenti dell’ambasciata è sulle tue mani e su quelle dei tuoi alleati». «Quando politici irresponsabili e vergognosi calunniano Israele con false accuse» ha incalzato il ministro della Cultura Miki Zohar, «non c’è da stupirsi che l’antisemitismo aumenti».

Isteria politica, estremismo e opposizione

La maggioranza degli israeliani condivide il fuoco di sbarramento aperto dal governo contro critiche e dissenso all’estero e in patria. Una minoranza però non è disposta ad accreditare il legame tra la presunta istigazione all’antisemitismo e le uccisioni a Washington «Non posso leggere la mente dell’assassino di Lischinsky e Milgrim, ma Netanyahu ritiene di essere più attrezzato per farlo. È tipico del premier cercare di sfruttare una tragedia a proprio vantaggio», ha commentato Kobi Snitz, docente di scienze. «Netanyahu, vorrebbe farci credere che l’accaduto sia frutto della condanna senza precedenti e a lungo attesa degli atti genocidari israeliani. Ma la realtà è che anche in Israele la credibilità di Netanyahu sta svanendo». Per la giornalista Orly Noy «Ancora una volta Netanyahu non si sottrae ai passi più subdoli pur di ottenere un vantaggio politico», Noy ha aggiunto che «lo stesso uomo che è arrivato al punto di attribuire l’idea dello sterminio degli ebrei durante l’Olocausto al Mufti palestinese e di minimizzare la responsabilità di Hitler nell’Olocausto solo per delegittimare i palestinesi, sta ora sfruttando la terribile tragedia di Washington per scagliarsi contro gli oppositori e guadagnare punti politici».

Antisemitismo, alibi del governo israeliano

«Per un tempo lunghissimo il timore di essere annoverati tra gli antisemiti ha impedito che si sviluppasse un vasto movimento di opinione pubblica contro gli orrori perpetrati dall’esercito israeliano a Gaza e dai coloni armati in Cisgiordania», denuncia Marco Bascetta.
«Netanyahu e suoi alleati, confidando nell’appoggio poco condizionato dei governi occidentali amici, nella patetica debolezza dei reiterati inviti alla moderazione, nell’appoggio concreto alla loro guerra a oltranza e nella trappola dell’antisemitismo si sono spinti oltre ogni limite tollerabile».
«Le esecuzioni sommarie di sanitari e soccorritori non sollevano più scandalo, le mire di deportazione sono ormai esplicite e attive nelle loro premesse distruttrici, il numero spaventoso di morti civili è dato per scontato, la carestia da assedio praticata e rivendicata come legittima in linea di principio».
«Solo la disapprovazione degli alleati e altre minori ragioni di opportunità, sostiene Netanyahu, gli impedirebbero di lasciar morire di fame e di sete buona parte dei palestinesi di Gaza. D’altra parte il suo ministro Smotrich lo aveva già chiarito mesi fa: imporre la carestia a Gaza sarebbe cosa legittima e perfino etica». 
«Come fosse possibile, non dico sostenere e rifornire uno stato governato da simili figuri, ma anche solo intrattenere con esso relazioni diplomatiche è incomprensibile».

“Solo una ipocrisia senza fine può aver finto fino ad oggi di non vedere che la ‘sicurezza di Israele’ coincideva nei disegni dei suoi governanti con il ripristino dei confini biblici, che la guerra a oltranza era la loro forma di esistenza e di riproduzione, che le azioni dei coloni violenti e gli interessi dello stato coincidevano pienamente».”

.

Articolo di Ennio Remondino dalla redazione di

23 Maggio 2025