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DA REDAZIONE

Roberto Bertoni da ARTICOLO VENTUNO –

Sostiene l’insigne ministro Alessandro Giuli, il cui eloquio sarebbe stato probabilmente definito da Enzo Biagi come un “italiano faticoso”, che a sinistra un tempo c’erano gli intellettuali mentre ora sono rimasti soltanto i comici. Il riferimento era a Geppi Cucciari ed Elio Germano, due fior di intellettuali, critici verso l’esecutivo, capaci sia di far ridere che di far riflettere, come si evince dai loro programmi, dai loro film e da tutto ciò che realizzano in ambito artistico ogni giorno.
Allora, a parte che un ministro dovrebbe rappresentare la comunità nel suo insieme, non solo gli elettori del suo partito di riferimento, quindi anche me che mai voterei per quella parte politica, non osando chiedere tanto, vorremmo quanto meno il rispetto.
Perché la differenza fra un intellettuale, un comico e un ministro, senza star qui a stabilire ragioni e torti, risiede nel potere che ciascuno di loro ha, nella possibilità di incidere sulle sorti del Paese, di stanziare fondi, di decidere carriere, di garantire prospettive o di negarle.
Quello dell’intellettuale non è un potere piccolo, personalmente rifiuto il concetto di impotenza, ritenendolo un comodo alibi per non prendere posizione e non agire; si tratta, tuttavia, di un potere disarmato. L’intellettuale possiede solo le parole, la voce, la sua arte, volendo far ricorso alla metafora ecclesiastica il “potere spirituale”.
Il politico, qualunque sia il suo schieramento, possiede invece il “potere temporale”: un potere armato, decidente, pervasivo. Ragion per cui la risposta piccata di un politico a qualsivoglia intellettuale è sempre sconsigliabile, per non parlare di querele e simili.
Il punto è che questa destra, anche nei suoi elementi migliori, tra i quali annoveriamo senz’altro il ministro Giuli, noto cultore di Gramsci, non è in grado di esercitare alcuna egemonia culturale, di incidere nei processi di formazione del pensiero, di modificare la società attraverso l’elaborazione di linguaggi alternativi. Non ha pensatori di riferimento all’altezza del compito, non ha prodotto opere che scavino a fondo, non ha la profondità necessaria per dare battaglia su un terreno che non le è congeniale. Può, al massimo, limitarsi all’attacco frontale, alla critica smodata, al contrasto puntuto e un po’ goffo, all’intimidazione da operetta (e qui non ce l’abbiamo con Giuli), all’allontanamento delle voci sgradite da un servizio pubblico che ormai è l’ombra di se stesso, può fare tutto questo ma non può andare oltre. Il che non la rende meno dannosa ma assai di più, perché con il pensiero forte ci si può scontrare, anche aspramente, uscendone comunque arricchiti; con le “fronti inutilmente spaziose” (e anche in questo caso non ce l’abbiamo con Giuli, che senz’altro conosce e apprezza la verve di Fortebraccio) non vale neanche la pena di litigare.
Il declino del Paese è inesorabile.
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Articolo di Roberto Bertoni dalla redazione di
11 Maggio 2025