Il crollo della Torre dei Conti

DI MICHELE PIRAS

 

Il crollo della Torre dei Conti

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Non ho scritto nulla ieri, perché ogni tanto bisogna fermarsi e riflettere qualche ora in più.
Perché il crollo della Torre dei Conti è un pugno nello stomaco e insieme il triste paradigma di un Paese che gira malissimo.
La notizia stamattina è che Octay Stroici è morto, operaio migrante, estratto dopo undici ore passate sotto i detriti fra via Cavour e i Fori imperiali.
L’ennesima vittima del lavoro, che si aggiunge all’elenco di una strage silenziosa che ha falcidiato 800 persone dall’inizio dell’anno, italiani e migranti come Octay.
Quasi 3 vittime al giorno, un vero e proprio bollettino di guerra di cui parla solo la cronaca e davvero troppo poco la politica, meno ancora l’azione del governo.
Octay aveva 66 anni, un età che in un Paese civile, per un operaio, sarebbe dovuta essere quella di un pensionato, già da qualche anno.
Eppure la stavano finalmente ristrutturando quella torre, coi fondi della tanto vituperata Europa, e i lavori forse sono iniziati troppo tardi anche stavolta, come spesso accade in Italia.
Perché non è il primo crollo e perché la condizione del nostro patrimonio culturale è la fotografia del nostro Paese, è l’immagine dell’incuria.
Così mentre si buttano via i miliardi per un ponte inutile da edificarsi in zona sismica, si sprecano le risorse per costruire lager in Albania, si inveisce contro i migranti, si aumentano le spese in armamenti perché lo impone Donald Trump, si scatena una guerra contro il sistema giudiziario, crollano le torri medievali e muoiono gli operai nei cantieri e nelle fabbriche.
E mentre buttano via i soldi fra riarmi e propaganda, collassa la sanità, l’istruzione, i trasporti, la tutela del lavoro, la sua sicurezza.
E a 66 anni si sta ancora nei cantieri, vi rendete conto?
E avete ragione, non è solo colpa di Giorgia Meloni, perché sono almeno trent’anni che va avanti così.
Un Paese che avrebbe bisogno di cura, perché ne avrebbero bisogno le persone, il suo territorio, i diritti, versa in stato d’abbandono.
E crollano le torri e crolla la nostra Storia.
E insieme a queste il castello di menzogne e colpe edificato nei decenni.
Riposa in pace Octay.
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Michele Piras