DI PAOLO DI MIZIO

La recessione e il “redde rationem”

L’Italia di fatto è entrata in recessione (due trimestri consecutivi del calo del PIL): formalmente la parola “recessione” viene evitata perché l’Istat ha apportato un arrotondamento dello 0,000009% (un decimillesimo) che ha evitato alla Meloni di far sapere al mondo che la sua narrazione trionfalistica è tutta fasulla. Lo scrive F. Fubini sul Corriere della Sera (ma l’articolo è pubblicato solo nell’edizione online, non in quella cartacea, per non dare un dispiacere alla Sora Garbatella).
Siamo al redde rationem dopo tre anni di conduzione governativa inetta, priva di idee e di visione, largamente inadeguata e costellata di grandi errori strategici.
Scrive il corriere.it:
“Stavolta abbiamo evitato una recessione conclamata, una di quelle che sarebbero finite su tutta la stampa internazionale, per un’inezia. Spostate 45 milioni di euro in un prodotto interno lordo trimestrale da quasi 500 miliardi di euro – uno scostamento dello 0,000009%, un decimillesimo – e sarebbe stata ufficialmente recessione. Quando uno dice lo stellone. Perché il dato di prodotto interno lordo del terzo trimestre 2025 che è uscito “invariato” giovedì scorso in realtà è più arrotondato (correttamente) dall’Istat che davvero invariato. In realtà anche nel trimestre fino a settembre il Pil è calato in Italia rispetto al trimestre precedente, dopo essere già sceso nel trimestre prima ancora. E una definizione ufficiale di recessione sono due trimestri di fila nei quali il prodotto – al netto dell’inflazione – continua a calare. L’Italia è nella definizione.
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Paolo Di Mizio