Un governo contro i giudici e la Costituzione

E questo è il senso profondo della schiforma sulla separazione delle carriere che hanno appena approvato, forti dei loro numeri: trasformare i pubblici ministeri in funzionari del governo, sotto il controllo del ministro della Giustizia perchè facciano quello che ordinano loro e evitino, soprattutto, di ficcare il naso nelle magagne dei potenti.

L’ho studiato nel mio libro Divide et impera: in tutti i Paesi dove le carriere sono separate, il PM dipende dall’esecutivo, e l’obbligatorietà dell’azione penale – che è garanzia di uguaglianza perchè significa che tutti sono soggetti alla legge e nessuno ne è al di sopra – è solo una formula vuota. Sono i governi a decidere su chi indagare e su chi no. Che significa impunità, giustizie a doppia velocità, cittadini di serie A e di serie B.

E mentre il governo spezza l’autonomia della magistratura, non fa nulla per assumere giudici, cancellieri, personale amministrativo, per rendere efficiente il processo, per dare risorse vere alla giustizia.

Svuota le garanzie, non risolve i problemi.

Questa non è una riforma: è una resa della giustizia al potere politico. Ma la Costituzione non è un orpello da piegare ai voleri del governo: è la linea del fronte della nostra democrazia.

Ora comincia la battaglia del referendum. Sarà la partita decisiva.

Come nelle stagioni più cupe della nostra storia, tocca a noi difendere la Costituzione, la libertà e la giustizia.

Moro e Calamandrei, Pertini e Terracini, Nenni e De Gasperi, e gli altri giganti che scrissero la Costituzione più bella del mondo si staranno rivoltando nella tomba di fronte a questi nani. Ed è come se ci chiedessero: “Difendetela”. E noi la difenderemo. E vinceremo.