DI ENNIO REMONDINO

Da REMOCONTRO –
Il debito statunitense entro 5 anni supererà quello su Italia e Grecia, ritenuti i casi più critici di gestione delle passività pubbliche nell’intero sistema occidentale. Dal Fondo Monetario Internazionale la ‘traiettoria’ dei debiti da qui al 2030 per le economie del pianeta. Per le otto paci nel mondo vantate da Trump, il numero scende e quasi precipita.

Fondo Monetario e Usa
«Gli Stati Uniti sono dati in direzione del sorpasso del record del rapporto debito/Pil, avuto nel 2020 col 132,4% durante la fase di acuta recessione da Covid-19. Secondo il Fmi, il rapporto debito/Pil salirà dall’attuale 125% al 143,4% di fine decennio, pur nel contesto di un’economia data in espansione nei prossimi 5 anni di circa il 17%, a oltre 36.800 miliardi di dollari, principalmente per effetto del boom dell’intelligenza artificiale», sintesi limpida di Andrea Muratore. E il debito ‘potrebbe esplodere’ a oltre 52mila miliardi di dollari messe in campo dalle amministrazioni di Joe Biden e Donald Trump con spartizione di colpe su cui litigare in eterno. Come per l’Italia il pre e il Meloni. Nel 2030 debito/Pil di casa al 137% e quello greco al 130%. Poco sotto, al 129,4%, l’altra grande economia il cui debito desta preoccupazioni, la Francia, che lo vedrà salire di quasi tredici punti percentuali. Insomma, pochi hanno di che gloriarsi, e molto di cui preoccuparsi.
Sorpasso su Italia e Grecia
«Il deficit di bilancio degli Stati Uniti si attesterà sopra il 7% del Pil ogni anno, fino al 2030, il livello più alto tra le nazioni ricche monitorate dal fondo per quest’anno e per il resto del decennio», nota il Financial Times e riporta InsideOver. Il debito sale e la credibilità politica scende, sia sul millantato ‘Big Beautiful Bill’, il ‘meraviglioso’ bilancio vantato da Trump, sia sulla ‘guerra dei dazi’ che per un anno ha terremotato il mondo economico per ‘fare cassa’ sul resto del mondo e contenere l’esplosione del debito di Washington, che già oggi – segnale non dalla Casa Bianca -, superano quelli della Seconda guerra mondiale. Le stime del Fmi contraddicono le previsioni del Budget Office, su una possibilità di sostanziale copertura delle politiche del decantato ‘Beautuful’ con le entrate tariffarie, permettendo di ridurre i deficit di 4mila miliardi di dollari in dieci anni. Favole.
Spesa, debiti e interessi
La ‘Peter G. Peterson Foundation’, ha mostrato come nei prossimi anni gli Usa vedranno crescere sia la spesa sia gli interessi sul debito, prevedendo che da 952 miliardi di dollari l’anno la spesa per interessi nel 2030 salirà alla cifra iperbolica di 1.328 miliardi di dollari – quasi il Pil della Spagna -, per poi esplodere a quasi 1.800 miliardi l’anno nel 2035. In dieci anni, gli Usa spenderanno 13.800 miliardi di dollari in interessi sul debito, una cifra pari a quasi sette volte l’attuale Pil italiano. Tutto questo per finanziare i debiti accumulati. Scenari da brivido non soltanto Usa. Chiaramente questo creerà squilibri. Per gli Usa molte cose, leggi da modificare radicalmente, a partire allo ‘spegnimento’ (shutdown) del governo federale in caso di mancato accordo al Congresso per una legge di spesa efficace.
C’è ancora da fidarsi dei Bond Usa?
Scenari cupi ma sempre più realistici che si sommano al timore di un deprezzamento dei ‘Tresaury Bond’ e di conseguenza del ruolo del dollaro come valuta globale. «Dai dazi alla spinta sulle ‘stablecoin’, Trump ha orientato le sue scelte economiche per governare questo caos. Ma il trend è strutturale: il prossimo per gli Usa sarà, con ogni probabilità, il decennio del debito», la valutazione finale di Muratore. Noi aggiungiamo, che è davvero difficile fidarsi delle scelte di Trump sul futuro del mondo. Ed ecco, per cambiare obiettivo del ‘rischio Trump’, proponiamo un quasi sorriso sulle sue otto ‘millantate Paci’ portate nel mondo che avrebbero dovuto garantirgli in premio Nobel. Dovendo partire dal distinguo base tra un cessate il fuoco o una tregua e la Pace pattuita e applicata tra le parti in guerre. Quelle ottenute dalle virtù politiche del presidente statunitense.
Le Paci del divenire
«Una pace al mese» che gli avrebbe meritato il premio Nobel per la Pace, poi finito a una sua stretta alleata in Venezuela, avverte Paolo Mossetti. Ma molte delle guerre che Trump cita non sono tecnicamente finite, e nemmeno guerre risolte dagli Stati Uniti. Pochi esempi per non sbeffeggiare troppo. Repubblica Democratica del Congo e gruppo ribelle M23 appoggiato dal Ruanda. A giugno firmato alla Casa Bianca un accordo, e Trump lo ha presentato come la fine di ‘una delle peggiori guerre mai viste’. Peccato l’M23 e altri gruppi armati continuano a combattere e uccidere civili nell’est del Congo, con centinaia di morti. La guerra quindi va avanti. Ma una pace quasi vera dobbiamo concederla. Armenia e Azerbaigian: ad agosto 2025 i leader dei due Paesi hanno annunciato alla Casa Bianca un accordo dopo decenni di ostilità sul Nagorno-Karabakh. Restano tensioni ma speriamo. Thailandia e Cambogia: a luglio c’è stata un’escalation militare al confine lungo 500 km, con decine di morti. Trump dice di aver ‘fermato la guerra’ convincendo i due governi a firmare una tregua. L’accordo ha congelato la crisi, non risolto le sue cause.
Verso il Medio oriente
Israele e Iran: a giugno e Netanyahu hanno colpito siti nucleari e militari in Iran. Washington sostiene di aver imposto un cessate il fuoco ‘entro 24 ore’ e di aver chiuso la ‘guerra di 12 giorni’. Nessun trattato tra Iran e Israele, e una pausa forzata, una guerra pronta a esplodere a breve. Israele e Hamas/Gaza: è il dossier politico a cui Trump tiene di più. Dopo due anni di guerra a Gaza, con oltre 67mila palestinesi i e più di 1.200 israeliani uccisi nell’attacco del 7 ottobre 2023. ‘Piano di pace in 20 punti’: cessate il fuoco immediato, liberazione degli ostaggi israeliani ancora vivi in cambio del rilascio di prigionieri palestinesi, ritiro graduale di parte delle forze israeliane da Gaza. Applausi meritati dal mondo ma chi governerà Gaza, come verrà imposto (e verificato) il disarmo di Hamas, quanto e come Israele rinuncerà al controllo militare diretto sul territorio? Anche qui: si è fermato il fuoco, non è stata risolta la questione politica.
Dal sud del mondo riesumando i Balcani
India e Pakistan: dopo un picco di violenze in Kashmir a maggio, tra India e Pakistan un cessate il fuoco. Trump rivendica una mediazione americana «durata tutta la notte». La ‘Pace più veloce del mondo’. E nessuno pensa davvero che la disputa su Kashmir, aperta dal 1947, sia stata ‘risolta’. Egitto ed Etiopia: Trump inserisce tra i suoi successi anche la disputa sulla la grande diga etiope sul Nilo, che l’Egitto teme possa ridurre l’acqua disponibile a valle. Nessun accordo finale e crisi aperta. Infine la pace tra Serbia e Kosovo foriera di molti ricordi anche personali di chi scrive. Noi che credevamo fosse finita con le bombe Nato sulla Jugoslavia del 1999 e la discutibile del Kosovo indipendente imposta alcuni anni dopo. Trump sostiene di aver fermato una possibile escalation tra Serbia e Kosovo minacciando di togliere benefici commerciali agli attori coinvolti. Ma Aleksandar Vučić e Albin Kurti, i due ‘nemici’ dovevano essere distratti. E noi ‘balcanologi’ con loro.
Fanfaronate che umiliano il ruolo
“Trump fa accordi, gli altri smettono di sparare, quindi le guerre finiscono, quindi merita il Nobel. La realtà è che Trump spesso confonde un cessate il fuoco, che può essere fragile, localizzato, temporaneo, con la fine di una guerra. In alcuni casi (Congo-Ruanda, Israele-Iran) la violenza è semplicemente passata da un picco aperto a una fase di ‘pausa armata’, pronta a riaccendersi. In altri – Gaza per ora – il cessate il fuoco è reale, ma lascia irrisolto ciò che ha causato la guerra: praticamente tutto il resto.”
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Ennio Remondino, dalla redazione di

28 Ottobre 2025