“Esplode” il petrolio russo: fiamme in Romania, Ungheria e ora Slovacchia

DA REDAZIONE

REDAZIONE

 

FULVIO SCAGLIONE da REMOCONTRO –

‘Salta la terza raffineria in tre giorni, e continua la guerra dell’energia all’Europa’, avverte ancora Fulvio Scaglione. Dopo le raffinerie di Ploiesti, in Romania, e Szazhalombatta, in Ungheria, la prima dell’azienda privata russa Lukoil: la seconda alimentata dal petrolio russo con l’oleodotto Druzhba. Nella notte una terza esplosione: in Slovacchia, a Bratislava, anche questa alimentata dal petrolio russo del Druzhba.

Che straordinaria combinazione!

«Tutto questo è avvenuto proprio mentre Donald Trump annunciava sanzioni contro le compagnie petrolifere russe Rosneft e Lukoil», avverte InsideOver. L’intento ufficiale di Trump è di premere sulla Russia per convincerla ad accettare un cessate il fuoco in Ucraina prima dell’inizio di un negoziato. Se ciò avvenisse, la tregua si stabilizzerebbe sulla linea del cessate il fuoco, che è quanto chiedono i Paesi Ue e l’Ucraina stessa. Cosa che la Russia non vuole accettare, perché mai come ora è stata vicina a occupare il resto della regione di Donetsk, cosa che le permetterebbe di realizzare l’obiettivo tanto spesso dichiarato: annettere l’intero Donbass. Ed è quindi probabile che queste sanzioni ottengano di accelerare le operazioni militari russe, invece che rallentarle.

Il vero intento delle sanzioni Usa

Ma il punto non è questo. Il vero intento delle sanzioni contro il petrolio russo è produrre un vantaggio economico per il petrolio Usa. E infatti subito dopo l’annuncio di Trump il prezzo del Brent è salito del 4%. Quel che più interessa noi, però, è che la strategia americana prevede la ‘punizione’ per l’Europa, almeno per quella che non è di stretta affiliazione filo-Usa. Per molti anni gli Usa ci hanno fatto capire quanto fossero ostili al Nord Stream e ancor più al Nord Stream 2 che, traferendo le riserve passando sotto il Mar Baltico, e sottraendole alle influenze dei Paesi di transito come i Baltici, la Polonia e l’Ucraina, fedeli a Washington che regalavano all’Europa un’autonomia energetica mai avuta. «A questo è servito far saltare il Nord Stream, con un’operazione cui hanno partecipato, in un modo o nell’altro, i grandi beneficiari del ridisegno energetico europeo: i Paesi del Nord (Norvegia, Danimarca, Svezia), la Polonia, l’Ucraina, il Regno Unito e ovviamente gli Usa. Emblematico il famoso tweet di Radoslaw Sikorski, ministro degli Esteri polacco: ‘Grazie Usa!’».

L’attentato al Nord Stream ha cambiato tutto

«Il giro di vite dell’attentato al Nord Stream ha cambiato tutto, suggellando il vassallaggio europeo. Oggi paghiamo l’energia 3,5 volte più di quanto la paghino consumatori e aziende Usa, con le conseguenze che è facile immaginare a livello di concorrenza e di export. Ora si tratta solo di finire il lavoro».

“Le esplosioni nelle tre raffinerie di cui sopra (due in Ungheria e Slovacchia, i Paesi per definizione ‘ribelli’ nella Ue, e una in Romania, Paese che ha dovuto ‘intervenire’ sulle elezioni presidenziali per soffocare il dissenso), oltre ai bombardamenti ucraini sul tratto dell’oleodotto Druzhba che porta verso l’Ungheria e la Repubblica slovacca (ma non sul tratto del Druzhba che porta in Polonia), parlano chiaro. «E spiegano ancora una volta che la ‘guerra’ degli Usa contro la Russia è il cavallo di Troia per una ‘guerra’ contro l’Europa e la sua autonomia economica, quindi anche politica. Il risultato? La Von der Leyen che va supplice a trattare sui dazi nel golf club di Trump in Scozia. E che, ovviamente, non ottiene nulla».”

.

Fulvio Scaglione, dalla redazione di

23 Ottobre 2025