Il flop di Salvini e Vannacci accelera il crollo della Lega

DI FABIO SALAMIDA

 

Il flop di Salvini e Vannacci accelera il crollo della Lega

Dopo il voto in Toscana, dove il Carroccio è passato dal 21,7% al 4,4%, i “generali” del partito attaccano il segretario e il generale

La Lega viaggia su un binario morto. E no, non è l’ennesima freddura sulla gestione del Ministero dei Trasporti da parte del capo del Carroccio, al secolo Matteo Salvini. Nel fu partito del Nord è ormai tutti contro tutti: in un centrodestra sempre più monopolizzato da Giorgia Meloni e con Forza Italia che vive una “seconda giovinezza” grazie a un po’ di metaforici ritocchini estetici e di altrettanto metaforiche iniezioni di tossina botulimica, i leghisti si ritrovano in un ruolo sempre più marginale e soffrono una crisi di identità.

 

 

I “generali” del nord contro il generale Vannacci

Ormai da tempo i “generali” del Nord, capeggiati da Luca Zaia, chiedono a Salvini un radicale cambio di rotta: accusano il leader di aver completamente snaturato il partito, lasciando da parte le istanze territoriali per inseguire quelle dell’estrema destra mondiale e dei suoi impresentabili personaggi: dallo squilibrato made in Usa Donald Trump all’argentino Javier Milei, dal condannato per tentato golpe Jair Bolsonaro alla condannata per appropriazione indebita di fondi pubblici, Marine Le Pen, fino a criminali sanguinari come  Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu. Lo accusano anche di aver dato troppo spazio al generale Roberto Vannacci, uomo chiave delle elezioni europee che con le sue 555.980 preferenze ha “salvato” la Lega, facendole raggiungere quella soglia psicologica del 9% che ha rimandato il processo a Salvini.

La Lega a trazione “sovranista” non sfonda più

Il matrimonio con il cosiddetto “sovranismo”, per un breve periodo, aveva fatto volare i consensi del partito, portando dentro l’elettorato qualunquista, i disagiati “no vax” e tutto quel sottobosco di voto estremista che viaggiava tra l’astensionismo e il “voto fluido”, un sottobosco che aveva trovato casa anche nel primo Movimento 5 Stelle targato Grillo – Casaleggio. Nei giorni ruggenti del Papeete Beach, quando Matteo Salvini, allora vicepremier del governo Conte I, invocava “pieni poteri” tra un sorso di Mojito e una foto a torso nudo nelle vesti di improvvisato dj, la Lega nei sondaggi viaggiava come uno di quei treni dell’Alta Velocità che oggi portano 180 minuti di ritardo: il Carroccio era dato al 37%.

Il flop in Toscana

Sembra un secolo fa. L’ultima tornata elettorale, le elezioni in Toscana che hanno visto il trionfo (scontato) del candidato del centrosinistra, Eugenio Giani, hanno fatto registrare uno dei più netti crolli della Lega salviniana, passata dal 21,7% al 4,4%. Sul banco degli imputati è finito proprio Roberto Vannacci. La spinta del generale, che ora siede comodamente al Parlamento Europeo, sembra ormai affievolita e nel partito c’è chi ha alzato la voce per come gli è stata data carta bianca sulla gestione delle candidature e della campagna elettorale in una Regione dove – al netto del radicato vantaggio della sinistra – il Carroccio aveva costruito una nicchia di consenso intorno a figure che sono state messe in disparte, come la “pasionaria” Susanna Ceccardi, che non è certo Margaret Thatcher ma sa come andare a prendere un po’ di voti sul territorio.

Il diretto interessato ha risposto a modo suo con un post su X che recita così: Io non mollo! La Lega ha bisogno di trarre una lezione da questo risultato. Deve ristrutturarsi. Sento tante speculazioni su questa tornata elettorale. Dicono che è stato un risultato catastrofico perché c’ero io: senza di me il Partito sarebbe sceso all’1%. Insomma, per Vannacci la Lega, senza la sua fondamentale presenza, avrebbe gli stessi voti di Luigi Di Maio. Il post lascia intendere che il generale, quando pensa al capo del suo partito, condivide lo stesso pensiero di un pendolare della Trenord. E forse su questo punto si troverà d’accordo con Luca Zaia.

16 Ottobre 2025