DI ORSO GRIGIO

Appartenenza


Un abbraccio e un grazie a quelli che in questi giorni sono scesi nelle strade e nelle piazze a manifestare, e anche chi non c’era ma condivide quella protesta. Sono state giornate bellissime, al netto dei soliti stro*zi che sembrano pagati apposta per provare a rovinarle, senza peraltro riuscirci. Giornate di quelle che sembravano non tornare più ma che rappresentano la sola possibilità di cambiare le cose.
Tuttavia, come direbbe il poetastro, una rondine non fa primavera.
È un grande inizio, ma non basta
Però abbiamo visto che si può fare e adesso sappiamo pure come si fa.
Ci siamo anche resi conto di quanto sia bello stare con le persone e con loro battersi per gli stessi obiettivi. Persone vere, di carne e di cuore, e non solo figurine virtuali come su quei cacchio di telefonini di me*da. E abbiamo anche capito che nonni genitori e figli possono lottare insieme per gli stessi valori, pur vivendo ognuno dentro il proprio egoismo generazionale.
I più vecchi come me queste cose le sapevano già, ma chi vuole può impararle in fretta.
Questa volta abbiamo manifestato per i diritti dei palestinesi
Sulla scia tracciata dai meravigliosi ragazzi della Flotilla, attaccati con violenza inaudita dai soliti portatori di pace amore e carità. Portatori sani, a quanto pare, visto che loro da certi valori non sembrano minimamente intaccati. L’abbiamo fatto e continueremo a farlo, al loro fianco, dopo che un governo orripilante, oltre che pavido e servo, si è reso complice di quel genocidio sputtanandoci e facendoci vergognare in tutto il globo terracqueo, come direbbe l’esimia.
Si chiama Appartenenza
Io ho capito quello che significa insieme al pubblico di “Libertà obbligatoria”, uno spettacolo di Gaber del 1976 che andrebbe insegnato nelle scuole. E se ne avessi il potere potete scommettere che lo metterei nel programma delle scuole superiori.
Appartenenza. A un ideale, un sogno, un’amicizia, a un amore: è bella.
Però adesso su quelle piazze dobbiamo tornarci per staccare un biglietto da offrire generosamente a questo governo acciocché si tolga graziosamente dalle scatole. La presidenta è nervosa, terrorizzata dalla nostra protesta, fa le gricce, strabuzza gli occhi, fa la faccia feroce per mascherare le difficoltà.
È sulle gambe come un pugile stordito che barcolla. Basta poco.
Un biglietto di sola andata, naturalmente.
E poi su quelle stesse piazze dovremo tornarci ancora e ricominciare daccapo se chi verrà al posto di lorsignori e lordame non starà dalla parte dei bisogni delle persone e non manterrà le promesse.
Fino a qui la teoria
Però c’è subito un problema: quelle promesse non sono nemmeno state fatte.
Io critico spesso l’opposizione, soprattutto il PD, e di questo a volte mi rimproverate, ma lo faccio perché il mio voto vale molto e chi lo vuole deve prima guadagnarselo e poi dimostrare di meritarlo.
La critico perché non ho miti né eroi e nemmeno ottuse militanze acefale da onorare.
Lo faccio perché si cresce con le critiche e non con i complimenti a prescindere.
Io sono di Sinistra, credo che Sinistra e destra esistano ancora e che esisteranno sempre perché sono due modi di vivere e di pensare del tutto opposti e incompatibili. Ho idee perfettamente chiare su quello che serve e si dovrebbe fare, ma ho ancora più chiaro che il cambiamento che vorrei è pura utopia e non ci sarà mai. Della mia Sinistra vedo ormai solo qualche residuo, mucchietti di cenere sparsi, come fossi una specie di romantico highlander ancora in volo su un mondo che non esiste più.
“Ormai ce le siamo fatte le fotografie”, a questa disfatta mi sono rassegnato e amen, ma forse qualcosa si può fare lo stesso. E il qualcosa, come dico da sempre, è che PD, Movimento 5s e AVS (gli altri scarti li buttiamo nell’umido) presentino, ognuno conservando la propria identità politica, un programma comune da proporre agli elettori.
Però questo programma non c’è, e se c’è non è chiaro
Io vedo solo ipotesi di somme algebriche di possibili votanti, che variano da realtà a realtà e che alla fine non corrispondono mai al totale, ma non vedo proposte. Non ho capito cosa faranno una volta al governo, concretamente. Non mi basta che si dichiarino antifascisti. Anche basta con questa litania: chi fascista lo è, e sono parecchi, non cambierà certo idea, e chi non lo è non ha certo bisogno di essere convinto di stare nel giusto: lo sa già. Siamo come due tifoserie del tutto opposte giunte ormai ad un punto dove non c’è alcun dialogo e nessuna predisposizione al confronto.
Ognuno rimane dov’è e per essere uno più di loro e batterli dobbiamo chiedere il voto a quel 50% di elettori (cacchio, la metà!) che ai seggi non ci va più.
Ma per convincerli, visto che è ragionevole pensare che molti di loro siano delusi di sinistra, servono idee, progetti, soluzioni, e di tutto questo, tanto per ripetermi, non vedo niente.
Il PD è in cerca dell’identità promessa che nel frattempo è già diventata vecchia, il Movimento lo vedo perdere qua e là pezzi di coerenza e credibilità in maniera piuttosto preoccupante, AVS lo avverto più come foglia di fico buona per coprire le ambiguità del PD che con un DNA proprio ben delineato.
Essere contro non basta
E nemmeno limitarsi a denunciare le loro malefatte, perché ai loro elettori quelle malefatte vanno bene, convinti come sono di trarne dei vantaggi.
Alla fine opporsi ma senza proporre concretamente alternative rischia di diventare un modo per nascondere le proprie mancanze.
Perciò votiamoli, e votiamoli in parecchi, ma pretendiamo chiarezza e coerenza.
Per esempio che ci dicano quali soluzioni prevedono per il lavoro, la sanità, la scuola, l’equità fiscale, se intendono continuare a essere lo zerbino del sociopatico o spiegargli, insieme a tutta l’Europa, che alleanza non vuol dire servitù. Ci spieghino cosa intendono fare per garantire i diritti di tutti, da quello ad un salario che permetta una vita dignitosa fino a quello per il futuro dei nostri figli, dal decidere che le risorse vanno prese dove sono e le tasse fatte pagare a chi non lo fa al prendere i soldi dove ce ne sono troppi, dal rispetto delle identità di tutti, e che nessuno debba vergognarsi di quello che è, al rivedere il concetto stantio e bigotto di “normalità” così tanto caro a fenomeni come Vannacci, per dire. Dalle cure per tutti prima che la malattia finisca il lavoro all’assistenza possibile quando il tempo ti ha consumato e da solo non ce la fai più, e ancora fino ad una legge che permetta, quando il non farcela più diventa un incubo che ti devasta, di scegliere se andarsene o restarci, in questa valle di lacrime, perché quello alla morte dev’essere un diritto come quello alla vita.
E ci dicano infine che posizione assumeranno sulla spesa per le armi e su questa assurda corsa a guerreggiare che ci sta contagiando tutti peggio di una pandemia, ma che avrà conseguenze ancora peggiori.
Un programma, ca*zo!
Non è difficile.
Ne abbiamo diritto, altrimenti, l’ho già detto, quelle stesse piazze saranno anche per loro.
Si chiama Appartenenza: è contagiosa.
.
Orso Grigio