Ci avrei scommesso

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Ci avrei scommesso

Lo sgombero del Leoncavallo non ha soltanto dato la stura alle geremiadi di destra sulla sacralità della proprietà privata e sulla legalità innanzitutto.
Come sempre accade ha anche solleticato il fuoco amico degli irroratori di cacca nebulizzata che impropriamente chiamiamo “rossobruni”, amico si fa per dire perchè chi scatena la propria ottusa furia iconoclasta e nichilista contro i pochi simboli rimasti di una cultura in via di estinzione è mio nemico non meno di un Bocchino o di una Quagliaruli.

Il Leonka era entrato a far parte del divertimentificio milanese

Qualcuno l’ha commercializzato, altri lo hanno sfruttato per intraprendere carriere politiche, era frequentato anche dalla Milano-bene e dai radical chic danarosi che di giorno vanno in barca a vela (a Milano?) e di sera si atteggiano a tupamaros.

E allora?

Queste inevitabili dinamiche di un fenomeno che ha abbracciato mezzo secolo toglie qualcosa al valore storico e culturale che ha rappresentato? Avreste preferito conservarlo intatto come punto di riferimento per i tossici che cinquant’anni fa si sfondavano di pere sulle panchine del Trotter lì davanti?
La deriva commerciale e politica del Leoncavallo andava eventualmente ostacolata giorno per giorno o viceversa incoraggiata come legittimo strumento di sopravvivenza e di penetrazione, e invece no: ancora una volta i rossobruni hanno acceso i loro spruzzatori di me*da per puro divertimento a cose fatte, e ancora una volta lo hanno fatto controvento.
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Mario Piazza