DI ALFREDO FACCHINI

Sulla Resistenza

“Se non condanni Hamas, allora sei pro Hamas.”
La frase rimbalza ossessiva. È un pedaggio obbligatorio da sborsare per chiunque voglia aprire bocca sul genocidio in corso in Palestina. Un aut-aut vigliacco. Una trappola retorica.
O stai con l’Occidente civile e indignato, o sei un fiancheggiatore del terrorismo. No. Non sono così arrogante da pretendere di sapere – seduto comodamente nella mia stanza – come si debba fare la Resistenza là dove ogni giorno si vive murati, affamati, bombardati. Là dove l’occupazione è l’aria che respiri. Non spetta a me dire come si fa la Resistenza. Non ho né il diritto né la pretesa di definire la forma legittima della rivolta per chi è colonizzato da generazioni. Il mio silenzio sul “come” non è complicità: è decenza.
La Resistenza, da che mondo è mondo, non si fa in guanti bianchi e livrea
Non è gentile. Non arriva col permesso dell’occupante. Non si presenta con i fiori, e nemmeno con la Costituzione in mano. Si fa con quello che si ha. Perché chi non ha più nulla da perdere, lotta con tutto ciò che gli resta. La Resistenza è sempre stata feroce. Cruda. Anche la nostra, quella italiana, celebrata il 25 aprile con bandiere e fanfare. Anche lì ci furono eccidi, vendette, errori. Ma era giusta.
Ed era armata.
Eppure oggi si pretende che a Gaza, e solo a Gaza, la Resistenza sia “civile”, “non violenta”, “ragionevole”
Mentre Israele bombarda ospedali, campi profughi, panifici. Che sia umana, mentre l’assedio disumanizza tutto. È ridicolo. È osceno. Tra il 1945 e il 1980, i popoli colonizzati insorsero con le armi contro le potenze imperiali, dando vita a guerre di liberazione nazionale dure, lunghe e sanguinose.
– In Africa, l’Algeria guidò l’esempio: dal 1954 al 1962, il FLN combatté la Francia in una guerra che fece oltre 300.000 morti.
– In Kenya, la rivolta Mau Mau (1952–1960) fu repressa nel sangue dai britannici.
– Il Portogallo perse tre colonie dopo decenni di guerriglia: Mozambico (FRELIMO), Angola (MPLA, FNLA, UNITA) e Guinea-Bissau (PAIGC).
– In Zimbabwe, la ZANU e la ZAPU combatterono fino al 1980.
– La Namibia lottò contro il Sudafrica dal 1966 al 1989 sotto la guida della SWAPO. Conflitti simili si accesero anche in Camerun e in Congo.
– In Asia, il Vietnam sconfisse prima la Francia (1946–1954), poi gli Stati Uniti (1955–1975).
– L’Indonesia ottenne l’indipendenza dall’Olanda dopo un conflitto tra il 1945 e il 1949.
– In Malaysia, la guerriglia comunista contro il Regno Unito durò dal 1948 al 1960. L’India ottenne l’indipendenza nel 1947 dopo un lungo ciclo di repressioni e rivolte.
– In America Latina, la rivoluzione cubana (1956–1959) fu una guerra di liberazione contro l’imperialismo.
– Altri conflitti, dal Nicaragua a El Salvador, ripresero quella stessa traiettoria.
Senza quelle guerre, senza quelle Resistenze, molti popoli oggi non avrebbero né nome né Stato
Lo stesso Menachem Begin, prima di diventare Primo Ministro di Israele, era il leader dell’Irgun, un’organizzazione armata che i britannici consideravano un gruppo terroristico. Ma nessuno lo dice mai.
La violenza coloniale è sistemica
Quotidiana, normalizzata. La controviolenza dell’oppresso, per quanto tragica, è spesso l’unica risposta possibile. Il resto è retorica per anime belle e sepolcri imbiancati.
Questa ossessione per la condanna di Hamas è un diversivo. Serve solo a zittire. È un trucco stucchevole per non parlare di ciò che brucia davvero: apartheid, colonizzazione, occupazione.
E allora no, non spetta a me dire come si resiste. Non nel loro nome, ma neppure nel nostro.
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Alfredo Facchini