DI MARIO PIAZZA

Fa freddo in Alaska

Da quel quasi pacifista e quasi democratico che sono non posso che condannare l’invasione dell’Ucraina, e questa volta non ci metterò nessuno dei vari “però” che in passato mi hanno procurato non pochi insulti e antipatie.
E’ sull’incontro tra Putin e Trump di venerdì prossimo che voglio ragionare, e sulla richiesta dell’Europa e dell’Ucraina di essere sedute al tavolo delle trattative.
E’ dalla fine della seconda guerra mondiale che l’Europa, per soldi o per amore e con qualche sporadica intemperanza, ha interpretato il ruolo di rappresentante della superpotenza americana.
I dodici presidenti che dal 1945 si sono susseguiti alla Casa Bianca hanno perpetrato le peggiori nefandezze in ogni parte del mondo e l’Europa li ha docilmente serviti in cambio di un trattamento rispettoso e di qualche traccia di indipendenza laddove essa non danneggiava gli interessi americani.
La servitù dell’Ucraina è invece più recente, possiamo collocare la sua assunzione sul finire del 2013 con l’insurrezione popolare che chiamiamo Euromaidan.
Possiamo ricamarci intorno quanto ci pare ma la questione è fin troppo semplice: Stufa di essere maltrattata da Putin la cameriera si licenzia e si mette al servizio del suo peggior nemico, forse senza neppure capire quale fosse il rischioso lavoro che le veniva offerto.
Ora alla Casa Bianca c’è Donald Trump, comanda lui e non ha bisogno nè di rappresentanti nè di cameriere. Un tipaccio che vorrebbe vedere l’Europa andare in pezzi e al quale dell’Ucraina importerebbe meno di zero se non fosse per quanto gli costa mantenerla in guerra e per quanto disturbo arreca ai commerci internazionali.
Quale commovente gonzo può davvero pensare che Trump e Putin possano permettere che la servitù stia ad ascoltare mentre loro si accordano sul come e quando buttarla per strada?
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Mario Piazza