DI ALFREDO FACCHINI
Spara prima, chiedi dopo
Mentre i popoli – solo loro – osservano con orrore e impotenza un genocidio in diretta, c’è una verità che resta fuori campo, coperta dalla censura: a Gaza si muore anche per mano americana. Sul campo. Con metodo.
I contractors statunitensi
Le forze private che “proteggono” i centri di distribuzione degli aiuti – stanno compiendo una strage. I numeri sono nudi e crudi: oltre 600 palestinesi uccisi nel tentativo disperato di accedere al cibo.
Sono caduti nei pressi delle strutture gestite dalla “Gaza Humanitarian Foundation”, un’organizzazione che ha poco o nulla di umanitario: è un apparato militare mascherato, finanziato dagli Stati Uniti e coordinato con l’esercito israeliano. I resoconti di agenzie come AP parlano di contractor che sparano su civili, lanciano granate stordenti, usano gas urticanti contro chi fa la fila per un pezzo di pane.
E allora cade anche l’ultimo velo
Gli Stati Uniti non sono solo i fornitori di armi e appoggio politico a Israele. Sono attori diretti di questo massacro. Sul terreno, con le dita sul grilletto.
“Se ti senti minacciato, spara. Spara per uccidere. Chiedi dopo.” Così parla un ex contractor, rivelando il codice etico di chi non distingue più tra bersaglio e persona. Un codice armato, immune dal diritto internazionale, benedetto dal silenzio dei media.
Questo non è un “incidente collaterale”
È una strategia. Un meccanismo pensato per soffocare ogni speranza e terrorizzare chi resta. Il “campo minato” di Gaza oggi è fatto anche di aziende private, pagate per uccidere. Non portano divise ufficiali. Ma eseguono ordini, con efficienza contrattualizzata. L’aiuto umanitario diventa una trappola letale, l’accesso al cibo una roulette di morte.
I leader tacciono. I governi coprono. Le redazioni scelgono l’omertà.
Quanti altri innocenti dovranno cadere prima che il mondo guardi in faccia questa verità?
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Alfredo Facchini