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DI PIERLUIGI FERDINANDO PENNATI

La colpa è sempre nostra, ma in questo caso lo è persino di più
Se a tutti scandalizza il fatto che i riders ricevano un bonus per lavorare nelle ore pià calde, forse rischiando l’infarto nei casi di cuore più debole, dobbiamo cercare di capire come siamo arrivati a tanto e capire chi lo ha voluto, potremmo avere delle sorprese.
Farlo è davvero facile: basta osservare come nei decenni si sono evolute le cose a livello contrattuale e legale Innanzitutto non va dimenticato il momento nel quale nel nome di una crisi, che non era ancora economica ma solo di risorse, si è iniziato a svendere i diritti dei lavoratori che hanno finito per essere azzerati, o quasi, era il lontano 1990 quando, dopo decenni di contratti che introducevano sempre maggiori tutele per i lavoratori, iniziò il declino.
All’inizio vennero introdotti nei contratti collettivi nazionali tre criteri:
1. Tetto all’aumento retributivo sulla base di valori indicati dal Governo.
2. Conferenza Annuale per l’incontro delle Parti.
3. Regole per Prevenzione dei Conflitti e Rinnovo dei Contratti.
Contemporaneamente veniva istituita, unico caso al mondo, una commissione plenipotenziaria per limitare il diritto di sciopero, togliendo potere contrattuale ai lavoratori.
Con queste nuove regole il 23 Luglio 1993 venne sottoscritto con i sindacati confederali, allora gli unici sulla scena, un protocollo che prevedeva:
1. Contenere l’aumento della retribuzione entro il Tasso d’Inflazione Programmato.
2. Coinvolgere le Parti Sociali nella Politica Economica del Governo.
3. Disciplinare la Struttura della Contrattazione Collettiva e il Rapporto dei Livelli Negoziali (nascevano COBAS in dissenso ovunque).
4. una durata dei Contratti Nazionali a 4 anni per materia normativa e 2 per retribuzione (prima si intendevano rinnovati a prescindere).
5. L’introduzione del criterio che un eventuale Contratto Aziendale poteva aumentare il salario solo in caso di raggiungimento di obiettivi di produttività.
6. Una sovrapposizione invasiva nella determinazione dei salari (che introduceva limiti) e che fu la prima ad essere revisionata (in peggio).
La frammentazione e la competizione tra i sindacati diventati gradualmente società finalizzate all’assistenza legale dei lavoratori fece il resto.
In questo clima si arrivò ai primi anni 2000
quando, dopo contratti che cedevano sempre più diritti (importanti e sottovalutati) in cambio di (poco se non pochissimo) denaro, con la legge 83/03 del governo Berlusconi, furono abolite le mere prestazioni, ovvero l’interposizione di manodopera, ovvero il caporalato, che da quel momento divenne di fatto legale. In realtà, la materia fu ufficialmente giustificata con la necessità di consentire l’elasticità (ovvero la precarietà) del “mercato” del lavoro che vedeva la nascite di agenzie di lavoro interinale, ovvero in prestito temporaneo, ma che, nei fatti, ha solo dato il via libera ai subappalti infiniti.
Questa rivoluzione significativa dei rapporti di lavoro tra aziende generò un problema così grande che si dovettero studiare ed approvare altre leggi per impedire, ma solo in alcuni specifici casi, il fenomeno del caporalato “illegale”, ovvero se realizzato senza registrare un’impresa, mentre quando questo avviene legalmente, ovvero registrando un’impresa alla camera di commercio, è possibile.
Così sono nate società, quasi sempre cooperative
attraverso le quali vengono forniti contratti a termine a lavoratori per lavorare in appalto o in subappalto da altre società (talvolta di comodo) che hanno in concessione il lavoro da aziende ancora più grandi che operano come finanziarie. In altre parole qualcuno commissiona un lavoro, magari una grande opera come il ponte sullo stretto, un’impresa, sostanzialmente finanziaria, si aggiudica l’appalto dei lavori, questa stipula contratti con chi fa lo scavo, le fondamenta, le strutture metalliche, le gettate in calcestruzzo e via dicendo, a propria volta queste imprese commissionano la fornitura dei materiali e della manodopera che può essere fornita in subappalto da altre imprese che raggruppano lavoratori che vengono forniti da agenzia di somministrazione d’opera che impiegano lavoratori temporaneamente o imprese individuali.
Ed ho semplificato.
A questo punto iniziano i lavori ed un giorno, una domenica, si trova un cadavere, spesso di un immigrato, in cantiere senza che nessuno sappia cosa ci facesse lì.
Non scherzo, è successo davvero molti anni fa ed occorsero mesi per capire cosa fosse successo, il risultato dell’indagine fu semplice, un subappalto di un subappalto di un subappalto era in ritardo nella consegna dei lavori e non aveva risorse sufficienti per pagare altri operai, così impiegò un irregolare, tanto il lavoro era semplice, e questo cadde da una impalcatura mentre, la domenica ed a cantiere chiuso, stava intonacando una facciata.
Ma non è tutto
Per evitare il pagamento di tredicesima e ferie i lavoratori, soprattutto se stranieri e con poca dimestichezza con le nostre leggi, vengono spesso impiegati nella stessa azienda solo per 6 mesi all’anno, trasferendoli ad un’altra impresa nei sei mesi successivi, così, oltre al risparmio economico, sono sempre in prova e sempre ricattabili e licenziabili in qualsiasi momento
Ovviamente tutto questo, unito alla sempre più limitata possibilità di scioperare “legalmente” operata in modo sempre più restrittivo dalla Commissione di garanzia che considerando qualsiasi attività “servizio essenziale”, per delega parlamentare (non governativa), riunisce in sé (anche qui unico caso la mondo) il potere legislativo, ovvero stabilisce le regole, quello esecutivo, controlla che queste vengano applicate, e la magistratura, ovvero decide se e come punire i trasgressori delle regole da essa imposta senza alcuna altro vincolo.
Diremmo che se la compone, se la suona e se la canta avendo sempre ragione. Risultato?
La riduzione della durata delle agitazioni ha portato al frazionamento di esse in migliaia di inutili e semmai dannosi scioperi all’anno che non portano quasi mai a benefici contrattuali con disagio più frequente per i cittadini, prima uno sciopero ad oltranza garantiva la pace sindacale per anni, oggi si sciopera tutti i giorni (controllate il calendario degli scioperi nel sito ufficiale del governo per crederci).
Alla fine la liberalizzazione del subappalto ha portato solo all’eliminazione dei diritti dei lavoratori che, in aziende spesso di pochissime persone se non individuali, rinunciano sempre più ai propri diritti per sopravvivere in selvaggia precarietà. Nonostante quello che si può immaginare, non è solo il mancato rispetto delle leggi da parte dei datori di lavoro, ma soprattutto la frammentazione dei subappalti in ditte familiari o individuali che ha anche portato agli aumenti degli incidenti sul lavoro cui assistiamo costantemente, infatti vi sono sempre più lavoratori ed aziendine che per stare sul “mercato” rinunciano ai costi della sicurezza per il guadagno, fateci caso, quando succede un incidente mortale in un cantiere quasi sempre si tratta di una di queste situazioni, anche se l’azienda appaltante è grande, importante, altisonante e garantisce le tutele di legge ai suoi pochissimi dipendenti.
In questo settore con grandissima concorrenza al ribasso
A nulla valgono le leggi sulla sicurezza, i lavoratori rinunciano volontariamente ad essa in cambio di un salario che sia il più stabile possibile ed è questo, evidentemente, anche il caso dei riders: premiati per rischiare la loro salute. Non mi dilungo oltre, ma scorrendo i vari rinnovi e le varie modifiche legislative negli ultimi trent’anni si evince chiaramente come si è ceduto il proprio tempo libero, le festività e quanto era possibile cedere per avere in cambio solo salari sotto la soglia di povertà e precarietà.
Certo, la colpa principale è probabilmente delle c.d. “sinistre”
che hanno permesso o fatto loro stesse le riforme peggiori in questo senso, ma anche nostra, ovvero di tutti noi che abbiamo tollerato in silenzio la situazione perché… non toccava a noi direttamente e ledeva i nostri personali interessi. Parafrasando Niemöller potremmo dire «Prima di tutto si occuparono dei lavoratori dei trasporti, e fui contento, perché a me piace viaggiare quando voglio. Poi passarono ai metalmeccanici, e stetti zitto, perché avevano troppe tutele e qualcuna in meno non faceva loro male. Poi si accanirono sui lavoratori del commercio, e fui sollevato, perché dovevo fare la spesa la domenica. Poi si accanirono sulla distribuzione, e io non dissi niente, perché non ero un trasportatore. Un giorno tolsero i miei diritti, e non c’era più nessuno che potesse protestare.»
La colpa è certamente nostra
Inteso collettivamente, forse non mia, che, anche se inutilmente e non capito, ho sempre lottato con tutte le mie forze ed ancora lo faccio quando ne ho l’occasione, forse non di molti dei miei lettori, che qualcosa hanno fatto e taluni anche di più, ma certamente dei tanti che per il miraggio di poter vivere da nababbi con pochi soldi hanno consentito e spesso favorito la svendita della dignità del lavoro umano.
La colpa è nostra
Che abbiamo ereditato un mondo facile costruito con le lotte dei nostri nonni e si sa, tempi difficili fanno uomini forti, gli uomini forti fanno tempi facili, tempi facili fanno uomini deboli e uomini deboli fanno tempi difficili. Noi siamo stati deboli, ora toccherà alle generazioni successive cercare di diventare forti per tornare a tempi facili.
I diritti si possono difendere quando si hanno
Quando non si hanno devono essere conquistati e noi, inteso come generazione attuale, li abbiamo troppo leggermente ed inconsapevolmente svenduti.
Quindi, non stupiamoci troppo se il moderno modo di lavorare somiglia sempre più ad una moderna schiavitù.
La colpa è nostra
.
Pierluigi Ferdinando Pennati