DI PIERO GURRIERI
La legge è uguale per tutti. Anche per un premier. Anche per un ministro
L’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione – organo tecnico che supporta la Suprema Corte nella funzione nomofilattica e a cui è attribuito il compito di esprimere pareri sui provvedimenti legislativi – ha sollevato rilevanti criticità giuridiche sul cosiddetto Protocollo Albania.
Lo ha fatto esercitando una funzione prevista e doverosa, in uno Stato di diritto. Eppure, come accade sempre più spesso, la reazione non è stata un confronto nel merito, ma una scomposta aggressione politica.
Fratelli d’Italia e autorevoli esponenti del Governo hanno accusato la magistratura di interferenze, di pregiudizio, di attivismo politico. Il solito copione: delegittimare chi esercita funzioni di controllo per poter legiferare senza ostacoli, anche contro Costituzione e legalità.
Ma il Massimario ha solo fatto il suo lavoro. Ha evidenziato che:
1) Il protocollo con l’Albania potrebbe violare il principio di territorialità della giurisdizione;
2) Non è chiaro quale legge processuale si applichi a chi viene trattenuto nei centri in Albania;
3) Si rischia una compressione dei diritti fondamentali, senza adeguate garanzie difensive.
Non sono opinioni. Sono problemi di diritto. Di democrazia. Di Costituzione
Attaccare l’autonomia della magistratura ogni volta che non si piega al potere politico è un riflesso autoritario. È l’idea, inquietante, che chi governa debba anche controllare chi giudica. Ma la giustizia non è una funzione ausiliaria del Governo. È un potere dello Stato, soggetto soltanto alla legge. E in uno Stato democratico nessuno è al di sopra della legge. Nemmeno chi la scrive. Nemmeno chi sta a Palazzo Chigi. Nemmeno chi siede al Viminale.
Difendere la magistratura da questi attacchi non è una battaglia corporativa. È una battaglia di civiltà. Per tutti noi.
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Piero Gurrieri tra la gente
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