DI PIERO ORTECA
Da REMOCONTRO –
Tregua vera, tregua falsa? Ma quelle superbombe americane? Way, perché? L’opinione pubblica americana è in fibrillazione, mentre al Congresso già si affilano i coltelli. Sull’Iran forse Trump, questa volta, ha fatto il passo più lungo della gamba. Perché l’ha bombardato? C’era in ballo una questione di “emergenza nazionale” per gli Stati Uniti? Adesso ‘amici’ e nemici lo aspettano al varco
Tutti d’accordo contro
In un colpo solo è stato capace di mettere d’accordo contro di lui, i conservatori trinariciuti del MAGA e la gran parte del Partito democratico. Anzi, un arco ancora più ampio, se ci mettiamo dentro pure il grosso degli ‘indipendenti’. Il resto della fauna politica ha subito e abbozzato, anche se, naturalmente, i ‘duri e puri’ della sua squadra gli sono andati sempre appresso. A comando. Dunque, ora tutti vorrebbero sapere ‘perché’ gli Usa sono entrati, di fatto (anche se non ‘ufficialmente’) in guerra con l’Iran, seguendo soprattutto un galateo istituzionale e diplomatico da ‘dilettanti allo sbaraglio’. Trump è il Presidente degli Stati Uniti, non il monarca assoluto di un regno medievale e ha degli obblighi costituzionali. E di trasparenza assoluta. Per cui l’onda che monta delle polemiche (e che potrebbe diventare uno tsunami, se le cose si mettessero di traverso nel Golfo Persico, oltre la troppo esaltata e incerta tregua) tocca anche delicati aspetti di rispetto della legalità democratica.
L’egocentrico e il Congresso
Trump poteva agire ‘di testa sua’, con un attacco di quelle proporzioni, contro uno Stato sovrano, senza passare dal Congresso? Secondo molti critici, assolutamente no. Alcuni sono acquattati e aspettano di vedere come andrà a finire. Altri, come la ‘star progressista dei Democratici’, Alexandria Ocasio-Cortez, già parlano di impeachment. Intanto, come riporta la Reuters, «il senatore democratico statunitense Tim Kaine, della Virginia, ha dichiarato di aspettarsi di costringere il Senato a votare questa settimana sulla sua proposta di legge che impone a Trump di cessare le ostilità contro l’Iran, a meno che non sia esplicitamente autorizzato da una dichiarazione di guerra del Congresso». Il rappresentante repubblicano Thomas Massie, del Kentucky e il rappresentante democratico Ro Khanna della California, hanno dichiarato di volere una votazione su una proposta di legge simile da loro presentata alla Camera. «Gli Stati Uniti si stanno lanciando in una guerra di loro spontanea volontà, su istigazione di Donald Trump, senza alcun interesse cogente per la sicurezza nazionale che li spinga ad agire in questo modo, soprattutto senza un dibattito e un voto al Congresso», ha detto Kaine al programma ‘Face the Nation’ della CBS. Trump che snobba quasi con sussiego Capitol Hill è uno dei problemi. L’altro dubbio che scorre per chi avesse la pazienza di leggersi i commenti dei ‘blogger’ nei principali giornali americani, tocca una vicenda ben più inquietante. Un ‘feuilleton’ che potremmo affidare alla penna di Ian Fleming, perché ricorda tanto James Bond.
“Ma questo non è un film è la realtà, dove muoiono persone vere: perché Trump ha stracciato la relazione dei suoi Servizi segreti (l’Iran potrebbe avere la bomba, ma in un paio d’anni) e invece ha assolutamente preso per buona quella del Mossad, che chiedeva di attaccare subito? È solo una questione di ‘uranio arricchito’ o il tycoon e ‘Bibi’ hanno mire diverse? O interessi personali in qualche modo coincidenti? Dubbi. Spifferi. Malignità.”
Troppi punti oscuri
La sostanza di una vicenda troppo sconcertante, perché non faccia fare mille pensieri. Con Tulsi Gabbard, responsabile del Direttorato per l’Intelligence di Washington, che ha tenuto il punto fino all’ultimo, difendendo a spada tratta il lavoro fatto dalle 18 agenzie. Il motivo? È una ex democratica, che non fa parte del ‘cerchio magico’ di ruffiani, che si è raccolto intorno a Trump. La verità, in via di quasi distratta ammissione. Contro l’Iran un colpo di Stato. Certo, contro un regime teocratico, odioso e liberticida. Ma sempre e comunque un colpo di Stato. Ringalluzziti dai (facili) successi, gli israeliani ‘cantano’ e chiariscono l’imbroglio anche al più orbo (o fazioso) dei commentatori.
Israele scopertamente
Scrive Haaretz (Tel Aviv), che ormai i ministri di Netanyahu parlano apertamente di rovesciare il regime iraniano. Altro che ‘Bomba atomica’! Ecco cosa riporta il giornale: «Lunedì due ministri israeliani di estrema destra hanno chiesto un cambio di regime in Iran, dopo che gli Stati Uniti hanno colpito i tre principali impianti nucleari del Paese e mentre continua l’escalation tra Israele e Iran. Il Ministro del Patrimonio Amichay Eliyahu ha dichiarato in un’intervista a ‘24NEWS’ che Israele sta collaborando con l’opposizione al regime iraniano, definendo ciò una benedizione». E ancora: «Sempre lunedì, il Ministro della Scienza e della Tecnologia, Gila Gamliel, ha affermato che Israele dovrà continuare i suoi attacchi in Iran finché gli iraniani non rovesceranno il regime del Paese». Tutto questo con l’imprimatur del Ministro della Difesa, Israel Katz, il quale ha chiarito che il suo Paese, adesso, «sta prendendo di mira il regime repressivo a Teheran».
I veri motivi della crisi
“A completare una narrativa sui veri motivi della crisi, che comincia a non convincere più gran parte dell’opinione pubblica, è intervenuto lo stesso Trump. A dire che «forse ora un cambio di regime potrebbe completare l’opera». Intanto, però, come dicevamo prima, sulla stampa americana fioccano resoconti da brivido sulla ‘perizia’ della squadra di sciamannati, raccolta nella Situation Room della Casa Bianca, che dovrebbe guidare il mondo.”
Vassalli, valvassori e valvassini
In generale e per diversi motivi, gli analisti ‘salvano’ (imprevedibilmente) J.D.Vance e il mediatore Steve Witkoff. Gli altri ‘valvassori’ vengono descritti come degli sprovveduti, attori teatrali, catapultati su un palcoscenico di prestigio senza avere letto una sola riga di copione. Il capo del Pentagono, Pete Hegseth, sembra un piazzista, sempre ansioso di dare l’ultima parola ai militari. Che, nel caso specifico, sono in competizione tra di loro, a chi dimostra più spirito guerresco. Dan Caine, il generale Capo dello Stato maggiore congiunto, così, non per grado, ma per aggressività, ha superato persino il famoso generale Michael Kurilla, un invasato capo del CENTCOM per il Medio Oriente. Kurilla si è vantato (scoprendo le carte), di avere preparato i piani di attacco americani già da una vita. È l’uomo degli israeliani al Pentagono, che fra un po’ andrà in pensione. Quindi bisognava fare presto. Solo che Joe Biden, in precedenza, lo aveva sempre bloccato. E che dire di Marco Rubio? È il Segretario di Stato che vede solo rosso. Nel senso che (crede) di essere un falco-anticinese, ma quando gli parlate di Iran deve mettersi un atlante vicino.
La CIA di una volta
“In definitiva, dicono in molti, gettati a mare Tulsi Gabbard e i suoi Servizi segreti, Trump si è fatto un paio di chiacchierate con il nuovo capo della Cia, John Ratcliffe, che lo ha assecondato. Certo, a sentire l’ex Direttore degli 007, Leon Panetta, invece Trump ha fatto una boiata. E come lui la pensa mezzo MAGA, a cominciare da personaggi di primo piano come Steve Bannon, Tucker Carlson e la ‘pasionaria’ MarjorieTaylor Greene.”
I commenti sul Washington Post
Per finire, una sintesi dei blog proposti dal Washington Post, sullo sfogo degli americani: «I commenti esprimono forti critiche al Presidente Trump sull’azione militare contro l’Iran – dice il WP – evidenziando preoccupazioni per la sua mancanza di strategia, il suo processo decisionale impulsivo e l’assenza dell’approvazione del Congresso. Inoltre, tracciano parallelismi negativi con i passati interventi militari statunitensi in Medio Oriente, come la guerra in Iraq. Molti commentatori – aggiunge il Washington Post – criticano la decisione, definendola una mossa sconsiderata, guidata da informazioni di intelligence errate e motivazioni politiche, temendo che possa portare a ulteriori conflitti e perdite di vite umane.
“Vi è anche la forte convinzione che il team di politica estera dell’Amministrazione non sia qualificato e che la decisione potrebbe esacerbare le tensioni ‘senza produrre risultati significativi’. Una partita a poker, dunque. Gioco che forse per Trump e fin troppo sofisticato: lui preferisce lo zecchinetto.”
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Articolo di Piero Orteca dalla redazione di
24 Giugno 2025