DA REDAZIONE
Roberto Bertoni da ARTICOLO VENTUNO –
Bene la piazza, bene le bandiere della Palestina, bene gli interventi, bene la partecipazione, bellissimi i discorsi dei leader politici e di giornalisti coraggiosi come Gad Lerner e Rula Jebreal.
Bello il corteo, partito da piazza Vittorio, cuore multietnico della Capitale, e significativo il clima fra i manifestanti, nella stessa piazza San Giovanni che quarantuno anni fa accolse la salma di Enrico Berlinguer in un oceano di lacrime e bandiere rosse al vento. Si respirava un’atmosfera nuova fra la folla: un’unità ritrovata, una passione comune, un desiderio di camminare insieme nonostante tutto, di esserci, di dire la propria, di sventolare il vessillo palestinese e di dire no a un genocidio ormai conclamato.
Era bello vedere PD, M5S e AVS finalmente insieme, come se il campo progressista esistesse da sempre, al di là di incertezze, titubanze e malmostosità reciproche. Possiamo quasi dire che la sinistra, oltre a esistere in natura, per citare una bella espressione di Bersani, resiste anche ai numerosi tentativi di sabotarla, dividerla, umiliarla, addirittura cancellarla e trattarla, comunque, come un paria. Esiste perché risponde all’esigenza di una società migliore, della difesa dei diritti umani, della tutela dell’ambiente, della bellezza di camminare insieme e della gioia di sentirsi collettività soprattutto quando le cose vanno male. Esiste per Gaza e per il popolo palestinese, ormai ridotto allo stremo, in un sistematico tentativo di annientamento che ha prodotto oltre cinquantamila morti e un numero imprecisato di sfollati.
Esiste per mettere la parola fine a una storia fatta di umiliazioni e malvagità, spari sulla folla, aree di distribuzione del cibo trasformate in trappole mortali, madri che cercano fra i rifiuti un po’ di cibo e bambine e bambini ridotti pelle e ossa.
Esiste perché non potrebbe esistere se non si indignasse di fronte a un simile scempio: di indifferenza si muore, e questo raduno è stato alquanto tardivo.
Non siamo, tuttavia, qui per sollevare polemiche, non è il momento. Non siamo qui per anteporre il nostro ego a questioni di rilevanza mondiale, al cospetto delle quali ogni nostro problema scompare.
Ci siamo uniti perché era giusto farlo, anzi doveroso, ed è stato davvero importante constatare che esiste un popolo al netto di ogni traversia.
Lo abbiamo messo a dura prova, ci siamo divisi, abbiamo litigato, spesso non siamo stati all’altezza delle loro aspettative ma questa gente c’è, magari arrabbiata, furiosa, a tratti persino inferocita ma per nulla disposta a rassegnarsi.
Oggi è stata la loro piazza, e solo questo conta.
La pace, le organizzazioni, il mondo della cultura, gli intellettuali, “tutti, tutti, tutti”, per ricordare il compianto Papa Francesco, senza escludere nessuno e senza personalismi di sorta: era ora!
Bisognerebbe organizzarne uno al giorno di questi cortei, perché lungo questi serpentoni umani si avverte la meraviglia di una comunità in cammino che considera Gaza come la propria patria acquisita e la libertà della sua gente al pari della propria.
Non sappiamo quante migliaia di persone ci fossero: erano abbastanza per ritenere la manifestazione perfetta e pienamente riuscita.
Una sola piccola annotazione, nel finale, dando alla cosa la giusta importanza: tenere giornaliste e giornalisti separati dal mondo politico e dagli ospiti, in una sorta di apartheid professionale, oltre a costituire un’umiliazione per persone che erano lì per svolgere il proprio lavoro, la dice lunga sul perché troppe volte non siamo stati all’altezza delle richieste di quella marea umana.
Non ci si può indignare per l’esclusione altrui se si è i primi a praticarla. E di fronte al ridicolo non c’è alibi della sicurezza che tenga: sono giustificazioni che non reggono, non hanno senso e fanno male a chi le riceve, in quanto pretestuose. Eppure, sotto un sole cocente, abbiamo svolto il nostro compito con professionalità, come sempre, perché era giusto così. Noi eravamo lì per Gaza e oggi non saremmo voluti essere in nessun altro posto.
Ciascuno, alla fine, risponde alla propria coscienza, e noi ce l’abbiamo a posto.
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Articolo di Roberto Bertoni dalla redazione di
7 Giugno 2025