Cominciamo male

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Un Capodanno uguale agli altri. Stessi botti, stessi trenini di infelici in libera uscita, stesso conto alla rovescia a reti unificate.
Una sola novità, le Zone Rosse. Come ai tempi del Covid abbiamo chiamato così le aree dove il virus della pericolosità sociale alligna con più intensità: le stazioni ferroviarie, le zone della movida, i perimetri variabili di eventi popolari.
Difficile non essere d’accordo, chi mai non vorrebbe veder scomparire dalla cronaca lo spaccio, le aggressioni, le rapine, le coltellate e gli stupri che ci vengono raccontati con puntualità ed enfasi a getto continuo?
Beh, io non sono d’accordo e non perché mi siano simpatici i delinquenti.
Non sono d’accordo perché le “zone rosse” non solo sono inefficienti e dispendiose (105 respinti su 14.000 controlli) ma perché la loro istituzione viola un principio che è il cardine della civiltà giuridica nei paesi democratici: la presunzione di innocenza.
Vi pare poco?
Processare le intenzioni è la forma più violenta di repressione, ciò che sembra sensato apre la porta a un percorso di discriminazione che inizia con il controllo dei precedenti penali e termina con le selezioni per aspetto, etnia, religione. E’ un processo di espulsione arbitraria che espandendosi con il plauso della popolazione spaventata e incazzata può portare al ribaltamento dei termini della questione.
Non più zone rosse vietate ai “pericolosi” ma zone nere a loro riservate, più o meno come il Ghetto di Varsavia o le township di Città del Capo.
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Mario Piazza