Grillo fuori dal Movimento non significa elettori emancipati dal grillismo

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

A commento del mio articolo “Il vaffa tombale che ha seppellito Beppe Grillo” un “mio” lettore, bontà sua, scrive che quando si vince occorre sobrietà e non si deve inveire sullo sconfitto.
“Inveire”: in quell’articolo si legge una critica a tratti sarcastica al personaggio attualmente più contraddittorio del Movimento di cui ufficialmente non fa più parte. Ma se fosse dipeso da Grillo quasi il 12% degli elettori oggi non avrebbe una casa politica di riferimento.
Dopo anni l’ex garante per la prima volta, e politicamente parlando, subisce conseguenze dirette delle proprie azioni.
Che Grillo nelle logiche interne del Movimento limitasse gli iscritti è testimoniato dal fatto che non fossero interpellati su temi che Conte con Nova ha reso disponibili a tutti, questa è la rivoluzione su cui dibattere. Così la comunità pentastellata fa i conti con l’evidenza ignorata per “eterna riconoscenza” che Grillo ha un idea di democrazia essenzialmente funzionale a sé stesso. A tal punto da sollevare questioni di legittimità sull’esito di un voto senza prova concreta che il risultato fosse stato condizionato da brogli.
Parliamo di sobrietà perché è interessante che mi venga richiesta.
E’ ampiamente documentato che l’insulto fosse al servizio della retorica di Grillo.
Ciò che dell’ex garante piaceva moltissimo si vede nella foto in basso e bisogna ricordarselo. Ma i cittadini dovrebbero capire che insultare non esprimeva cultura politica ieri, né la esprimerebbe oggi, piuttosto incarna una forma di populismo insufficiente per sostenere aspirazioni popolari a lungo termine. E ciò basterebbe per chiudere la questione. Ma Grillo, eccellente manipolatore, è diventato un vessillo popolare perché proiettava sulla platea uno stato d’animo rabbioso e cavalcava facilmente l’astio dei cittadini verso la classe dirigente opulenta e arrogante.
Di questa tattica, a cui Giuseppe Conte è sempre stato estraneo, bisognerebbe valutare il danno prodotto: Grillo ha descritto lo scenario politico in modo irreversibilmente divisivo, come una guerra santa che di razionale ha poco: i divulgatori della buona fede pentastellata contro politici e cittadini meritevoli di feroce disprezzo. E il disprezzo reciproco è diventato il cardine sul quale si sviluppava il confronto.
E’ stato Grillo a proporsi convinto che protervia e aggressioni verbali fossero ingredienti necessari per ottenere risultati. Ma i cittadini non avevano necessità di basso folklore, volevano politica. E l’hanno avuta accettando e difendendo contro tutti le mille contraddizioni a cui sono stati obbligati obtorto collo. Ma Grillo anziché ringraziare iscritti emancipati e maturi guida un carro funebre e fa loro ripetere il voto. Nel nuovo corso del Movimento gli elettori dovrebbero superare il triste livello del Grillismo perché non ci sarà più qualcuno che indichi loro quanto odio provare per gli avversari. Eppure basta leggere alcuni post per concludere che la lezione di Conte non è stata recepita.
Così come Grillo non ha capito la democrazia o non ci crede dato che ha rifiutato il verdetto degli iscritti al Movimento di cui si dichiara padre fondatore.
Se Grillo avesse capito che confondere teatro e politica va bene fino a un certo punto, la storia del Movimento sarebbe stata diversa e forse lui sarebbe ancora garante rispettato. Invece Grillo ha messo la politica al servizio di un teatrino pieno di sotterfugi, tanto ovvie perdite di consenso e critiche avvelenate di politici e giornalisti sarebbero state addebitate ai suoi burattini e mai a lui. Tant’è che il meccanismo mediatico è sempre lo stesso: Grillo fa i casini ma paga il Movimento con l’aggravante che il veleno peggiore viene proprio dall’ex garante. Perciò mi si perdoni se penso principalmente due cose: la prima è che il grillismo dell’elettorato non finisce con Grillo fuori dal Movimento. La seconda è che il primo a cui chiedere contegno sia sempre Beppe Grillo, il quale, spiace ricordarlo ancora una volta, della sobrietà non ha mai saputo che farsene.
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Gioacchino Musumeci
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