DI MARIO PIAZZA
Ho sempre avuto qualche perplessità nei confronti di chi ricorre a terapie estreme e a complicati tecnicismi per riuscire a produrre in proprio un pargoletto.
Sarà che tra tutti i buoni istinti di cui la sorte mi ha fornito quello paterno è poco presente, ma se avessi sentito davvero il bisogno di una presenza infantile che sembrava non arrivare l’avrei cercata tra i milioni di bambini già esistenti e non in una provetta.
Le mie perplessità si moltiplicano davanti alla cosiddetta maternità surrogata, laddove il desiderio di un figlio portatore dei propri geni coinvolge fisicamente una persona che con la coppia in difficoltà, etero o omo non fa differenza, non ha nulla a che fare.
Eticamente potrei considerare la gravidanza per altri ammissibile solo in presenza un forte e comprovato vincolo affettivo tra la puerpera e il committente, più o meno lo stesso principio che regola la donazione in vita di organi come un rene o un pezzo di fegato. Al contrario, per una lunga serie di ragioni mi ripugna che ciò possa avvenire a pagamento.
Detto questo trovo anche aberrante, violento, culturalmente malsano e patologicamente ideologico che una pratica seppur discutibile come la maternità surrogata possa essere messa sullo stesso piano dei veri reati universali:
Il genocidio, il terrorismo, la pedofilia, la messa in schiavitù.
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Mario Piazza