Migranti verso l’Italia in Albania. Ma nulla è certo, neppure i costi

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Dalla redazione di  REMOCONTRO – 

Li avevano annunciati per inizio estate, poi agosto, e rinvio di settimana in settimana. Colpa del terreno friabile, poi delle piogge inattese. E se n’è andato anche settembre. Alla fine, l’avvio dei due centri in Albania la prossima settimana, promette il ministro Piantedosi. Che però mette le mani avanti: «Tutto dipende dall’attività dei trafficanti». Nei prossimi giorni il primo gruppo di naufraghi potrebbe arrivare all’hotspot messo in piedi al porto di Schengjin, per poi essere trasferito a Gjader, il centro di accoglienza ricostruito sulle macerie di un’ex base dell’Aeronautica. Forse.

Forse! Azzardo migranti versione Albania

Il condizionale d’obbligo non solo per il meteo che potrebbero scoraggiare la traversate. La sentenza della Corte di giustizia europea sui criteri da seguire per qualificare un Paese come sicuro obbliga anche l’Italia ad accorciare di parecchio la sua lista. La potenziale platea di migranti destinati ai centri albanesi si riduce e l’intera operazione potrebbe rivelarsi un clamoroso flop. Motivo sufficiente perché più di qualcuno abbia consigliato prudenza alla premier, che però sulla sua «soluzione innovativa in tema di governo dei flussi migratori», così l’ha definita, tira dritto. Senza però inaugurare.

Non ci saranno tagli di nastro

Piantedosi alla festa del Foglio a Firenze, vola basso. Né lui, né altri per il momento ci mettono la faccia. «Se ne vergognano pure loro, è la Guantanamo italiana», scrive sui suoi canali social il segretario di +Europa, Riccardo Magi, che annuncia un esposto alla Corte dei Conti sui 60 milioni di appalti senza gara che, stando al quotidiano Domani, sarebbero serviti per tirare su i due centri. «Totale mancanza di trasparenza», denuncia la segretaria del Pd, Elly Schlein. «Ci sono 800 milioni complessivi che avremmo potuto mettere sulla sanità. Noi siamo totalmente contrari a questa violazione dei diritti fondamentali di chi chiede asilo, che è anche un enorme spreco di soldi dei contribuenti italiani».

Conti veri e trasparenti

E adesso il Pd i conti li vuole vedere. Li chiede con due interrogazioni alla Camera e al Senato che pongono una questione semplice: «Qual è stato l’importo speso fino ad oggi per la realizzazione dei due centri in Albania? E chi ha operato?». La risposta politica,per l’ex presidente della Camera Laura Boldrini: «è pura propaganda. Il governo aveva promesso porti chiusi, blocchi navali, respingimenti ed espulsioni di massa, ma siccome esiste ancora lo Stato di diritto, queste misure sconsiderate, figlie di una visione arbitraria del potere, sono tutte rimaste al palo. I centri in Albania servono a far dimenticare questo fallimento».

Ong di soccorso in mare

L’annuncio dell’imminente apertura dei centri in Albania preoccupa anche le ong. Sulla carta, le navi civili non dovrebbero essere coinvolte, ma si teme l’ordine di trasbordare i naufraghi sulle motovedette della Guardia Costiera. «Non faremo sbarchi selettivi e non agiremo in contrasto con le norme internazionali», dice Sos Méditerranée. «Continueremo a non renderci complici di deportazioni», annuncia Giorgia Linardi di Sea Watch. La prima delle navi attualmente in missione è ‘Mare Jonio’ di Mediterranea: è l’unica di tutta la flotta civile a battere bandiera italiana. «A ordini di questo genere disobbediremo sempre», l’avviso.

Quel che non funzionerà in Albania

Lettura dei fatti da parte di Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Dettagli sui conti. I centri saranno due: uno al porto di Schengjin, destinato all’identificazione e procedure d’ingresso, con 200 posti. Tre milioni di euro, più 200.000 per gli allacci nel solo 2024. L’altro, a Gjader, con una struttura per il trattenimento di richiedenti asilo (880 posti), una strutture per stranieri irregolari (Cpr 144 posti), e persino un penitenziario (20 posti). Altri milioni di euro spesi. Ingenti i costi di gestione previsti: 800 milioni di euro da qui al 2028 (Il Sole-24 Ore), tutti a carico dell’Italia, ma con ricadute occupazionali ed economiche fuori dal nostro paese.

Giustificazioni “biforcute”

Il governo, nei consessi internazionali, ha parlato di soluzione per accrescere la capacità d’accoglienza e di esame delle domande. Di fronte ai propri sostenitori, parla di deterrenza nei confronti dei migranti.   Gli interrogativi sul livello pratico-operativo, sia su quello dei principi. 39.000 casi all’anno, contro 52.425 sbarcati all’11 ottobre, pur calati rispetto allo scorso anno. E l’ipotesi di trattare le domande in quattro settimane,  mentre oggi serve mediamente più di un anno, spesso due. Già si prevedono collegamenti online con Roma e altre forzature procedurali, che non sfuggiranno al vaglio della magistratura.

I “Paesi sicuri”

“L’elenco dei ‘Paesi sicuri’ dove rispedire i richiedenti asilo: la lista italiana è stata recentemente allargata a 22 Paesi, tra cui Egitto, Tunisia, Nigeria, contro nove soltanto della Germania. Casi assai dubbi, per poter accrescere i dinieghi dell’asilo: non i rimpatri, molto più complicati e costosi. Ma non è chiaro poi che cosa succederà ai richiedenti la cui domanda verrà respinta. Rilascio in Albania? Tirana dice no. E il paradosso sarà il loro arrivo organizzato in Italia.”

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Articolo a firma Rem dalla redazione di

14 Ottobre 2024