Latina, l’omofobia e quel silenzio del Sindaco Celentano

DI FERDINANDO TRIPODI

Succede che in questa città ormai morente, dove assistiamo regolarmente al silenzio tombale delle piazze vuote, alle continue chiusure delle attività commerciali, alla non organizzazione attrattiva da parte dell’amministrazione comunale, al totale abbandono della cura delle strade e delle piazze… ci si rivolge agli uffici comunali, in questo caso quelli in via Ezio.

E sappiamo tutti che chi si rivolge a certi uffici lo fa con l’intenzione di risolvere un problema e non per giocare a carte, per quello c’è il cenone di Natale o la domenica con gli amici.

Succede che ci si aspetta comprensione e non derisione da parte degli addetti.

E invece no, perché in questa città rovinata da molti che con il cervello sono rimasti all’età della pietra, due uomini che dividono una stanza devono essere obbligatoriamente “gay”, o peggio ancora gli “affetti” devono significare automaticamente averci una relazione sessuale o sentimentale… un po’ come il tempo del covid che ti inventavi un amore pur di uscire di casa.

Ma oggi il covid per fortuna è sparito, non ci sono più i dpcm.

È rimasta invece l’ignoranza, che in questa città pare peggiorare di settimana in settimana.

Resta l’emergenza di una richiesta negli uffici di via Ezio, da parte di quel cittadino rimasta momentaneamente inevasa, dove solo perché ha condiviso una stanza con un uomo, è stato velatamente deriso o fatto passare per quello che da omosessuale automaticamente ci è andato a letto con l’amico, “o comunque con il compagno presunto perché l’altro è uomo… insomma non vorrei entrare nel suo privato ma…lei capisce?!?” (Cit.) e i sorrisi ironici, che deridono la dignità, quella della persona.

E poi… la lettera al Sindaco, che diceva di voler essere il Sindaco di tutti rimasta senza risposta che fa tanto pensare che alla fine la Celentano si rivelerà il Sindaco di nessuno.

Forse la politica dovrebbe fermarsi un attimo e riflettere del perché, al contrario di ciò che affermava al Ministero della Cultura l’assessore Muzio, i giovani da Latina vanno via.
Fuggono via.

Si pensa al centenario senza considerare che forse quel giorno non ci sarà nessuna festa perché questa città, e chi momentaneamente la governa, ha dimenticato che il mondo va avanti e che restando fermi l’unico rischio è quello di ritornare ad essere una palude putrida e senza alcuna speranza.

Ferdinando Tripodi