DA REDAZIONE
Patrick Boylan da ARTICOLO VENTUNO –
”Journalists must be activists for the truth”: così Julian Assange ha concluso il suo intervento questa mattina a Strasburgo, davanti alla Commissione per gli affari giuridici dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE).
La Commissione lo aveva convocato per sentire la sua testimonianza sulle condizioni della sua detenzione nel Regno Unito, durata dodici anni tra confinamento forzato presso l’Ambasciata ecuadoriana e una cella d’isolamento nella famigerata prigione di Belmarsh. Ma Assange ha scelto di parlare non di se stesso bensì dei pericoli sempre più gravi che corre il giornalismo investigativo indipendente oggi: la sua persecuzione giudiziaria va visto semplicemente come esempio, seppure eclatante.
“Il punto fondamentale è questo: i giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver fatto il loro lavoro. Il giornalismo non è un crimine”, ha detto il cofondatore di WikiLeaks riecheggiando la parola d’ordine più frequente usata, da oltre quattro anni, dai suoi milioni di sostenitori in tutto il mondo. In quanto giornalista perseguitato per aver fatto il proprio lavoro, Assange concorda con la proposta della commissione di attribuirgli, in quanto incarcerato, lo status di prigioniero politico: “La base politica degli atti punitivi del governo statunitense nei miei confronti era legata alla pubblicazione della verità su ciò che il governo statunitense aveva fatto. Poi, in senso giuridico formale, quando gli Stati Uniti hanno istruito la loro punizione legale, hanno usato l’Espionage Act, un classico reato politico”.
Rivolgendosi poi ai parlamentari davanti a lui (una ha dichiarato di difenderlo sin dal 2012!) nonché ai suoi milioni di sostenitori (un folto gruppo stava cantando fuori dal Palazzo d’Europa), il giornalista ed editore australiano ha espresso i suoi ringraziamenti “a tutte le persone che hanno lottato per la mia liberazione.” “Sono persone che hanno capito, soprattutto, che la mia liberazione era legata alla loro liberazione.”
“Certo, è stato facile ottenere il sostegno di associazioni di giornalisti in quei paesi che mantengono le distanze dagli Stati Uniti; molto più difficile è stato ottenere il sostegno di giornalisti nei paesi alleati agli USA, per non parlare delle difficoltà ad avere la solidarietà degli stessi giornalisti statunitensi. Esiste una frattura in ciò che dovrebbe essere la solidarietà universale – e ne vediamo le conseguenze nefaste anche nel poco spazio dato nei media ai giornalisti assassinati in Ucraina o in Gaza.” E’ una frattura che va contro gli interessi di tutti i professionisti dei media.”
“Ma, malgrado tutto, ci sono anche segni positivi,” ha concluso Assange, “per esempio, contro le vertenze abusive per intimidire i giornalisti investigativi, esiste ora una legislazione anti SLAPP europea, per non parlare di quella in vigore nella California, davvero eccellente.” Certo, le leggi, anche buone, vengono regolarmente aggirate da chi ha il potere di aggirarle. “E’ stato un atto di ingenuità da parte mia”, ha poi confessato Assange, “credere che bastasse contare su una legge. Nel mio caso è sparita nel nulla la protezione offerta dal primo emendamento della Costituzione statunitense [libertà di espressione] attraverso le interpretazioni cavillose da parte dello Stato Securitario.” In altre parole, bisogna saper far funzionare le leggi.
La Commissione ha già stillato una bozza di risoluzione che verrà presentata, integrata con quanto ha riferito Julian Assange questa mattina, davanti all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa domani, 2 ottobre, a partire dalle ore 10. Il dibattito verrà trasmesso in streaming sul canale PACE di YouTube o sul sito PACE. Assange dovrà essere presente in tribuna d’onore ma non è previsto che egli prenda la parola.
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Articolo di Patrick Boylan da
1 Ottobre 2024