DI MICHELE PIRAS
Questa è la mia Beirut adesso, una città che ho visitato anni fa, che conosciuto nelle sue complessità ed instabili equilibri, nei suoi profumi e sapori, negli occhi profondi delle persone, nelle speranze di rinascita, nei volti di profughi e rifugiati, nelle parole dei suoi politici, nelle sue strade congestionate, nelle valli che la separano dalla Siria, affacciato alla finestra del decimo piano, su quel mare che ci unisce tutti.
Il nostro.
A Beirut trovai l’energia vitale di chi lotta con ogni sua forza per uscire da anni di guerra civile, attacchi e distruzione, di chi cerca giustizia e libertà.
Ma ora quella Beirut che ho amato non c’è più, ora Beirut è questa qui, un non luogo come tutti i maledetti teatri di guerra, dove la disperazione ha preso il posto di ogni residua speranza di pace e futuro.
La straordinaria missione Unifil, nella quale sono schierati anche tanti nostri militari della Brigata Sassari, aveva finora garantito peacekeeping e tenuto separati Israele e Hezbollah.
Ma adesso è questo ciò accade dall’altra parte del Mediterraneo.
E questo non è un attacco chirurgico, ma un bombardamento nel pieno del centro abitato.
E i nostri militari impotenti e in fondo anche loro vittime, perché ormai l’Onu è sepolta dall’arroganza e dalla violenza e con essa la missione Unifil.
E sotto quelle bombe vite umane, bambini, civili, feriti, uccisi, mutilati.
Sono già centinaia.
Un’altra Gaza, mentre nella Striscia si muore ancora e la sete di sangue di Israele non la ferma più nessuno.
E voltarsi dall’altra parte ci rende solo complici.
Beirut ti voglio bene.
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Michele Piras