DI GUIDO SARACENI
“Non è importante capire chi è Vannacci, ma perché tanta gente lo appoggia. La vera questione è la cittadinanza. In Italia vige lo jus sanguinis, basta avere un bisavolo italiano per diventare italiani. Mentre non lo sono ragazzi nati e cresciuti qui. Per fortuna Egonu, Silla ed altre sono diventate italiane prima di compiere 18 anni, quando lo sono diventati i loro genitori: altrimenti non avrebbero potuto giocare in Nazionale”.
Julio Velasco è così. Non sbaglia una frase, un commento, una virgola. Non spreca una parola. Pochi giorni fa si è raccontato in una lunga intervista al Corriere in cui ha parlato letteralmente di tutto. Sempre con grande saggezza ed autenticità.
Ha raccontato di essere rimasto orfano di padre quando era ancora un bambino; della sua gioventù di rivoluzionario di sinistra, innamorato del Che; dell’arresto del fratello minore, incarcerato e torturato dai militari per un mese e mezzo.
Ha raccontato dei suoi amici uccisi dal regime e della sua fuga da La Plata a Buenos Aires, dove, per i primi tempi, riuscì a sopravvivere facendo le pulizie, lavando i vetri di una banca.
Ad oggi, Velasco è uno spettacolare mix di culture, di filosofia e di saggezza popolare. Sembra che abbia sempre preso il meglio da tutto ciò che ha visto e fatto nella sua lunga carriera, sembra che abbia imparato qualcosa da ogni più piccola gioia o grande dolore.
Ad impressionarmi di lui non sono tanto le vittorie (recentemente, a 72 anni, ha riportato la nazionale italiana di volley sul tetto del mondo) quanto la sua grande capacità di raccontare lo sport ed i suoi valori, dando l’idea di essere una persona seria, estremamente competente ed altrettanto leale.
Julio Velasco è un motivatore, un grande conoscitore dell’animo umano ed un campione.
Un uomo raro ed esemplare.
Nel vero senso della parola.
.
Prof. Guido Saraceni, dal suo blog personale