DI ALFREDO FACCHINI
Mentre ieri l’Emilia-Romagna andava sott’acqua, la “ducetta” dal palco di Confindustria sparava a zero contro la transizione ecologica.
Cosa ha detto questa quaquaraquà davanti ad una platea di imprenditori sbavanti?
Il Green Deal è un disastro “frutto di un approccio ideologico, siamo impegnati per correggere queste scelte”.
Gli ha fatto eco, alla sua prima assemblea il nuovo presidente di Confindustria, Emanuele Orsini: “Il Green Deal è impregnato di troppi errori, la decarbonizzazione inseguita al prezzo della deindustrializzazione è una debacle”.
Ora senza entrare nel merito relativo a pregi e difetti del Piano Verde targato Von der Leyen, quello che si riconferma nell’atteggiamento di questa destraccia è il totale servilismo nei confronti delle “corporazioni” industriali, “non disturbare chi vuole fare” e il negazionismo ideologico sul clima, che poi è figlio, in primo luogo, di quel servilismo.
Quanto a Confindustria si riconferma la storica sintonia che da sempre intrattiene con il mondo fascistoide.
Un feeling che viene da lontano.
Vengono alla mente gli accordi di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925, quando Confindustria e sindacato fascista si riconobbero reciprocamente quali unici rappresentanti di capitale e lavoro.
Il patto recitava così: “Tutti i rapporti contrattuali tra industriali e maestranze dovranno intercorrere tra le organizzazioni dipendenti della Confederazione dell’industria e quelle dipendenti della confederazione delle corporazioni. In conseguenza le commissioni interne di fabbrica sono abolite”.
Frattanto anche oggi in Emilia Romagna continua piovere.
La “ducetta” tornerà a camminare sulle acque con i suoi stivaloni di gomma per poi lasciarli nel fango con 13 euro?
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Alfredo Facchini