DI GIANCARLO SELMI
Ci ha fatto sognare in quelle “notti magiche”.
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E ha fatto sognare centinaia di migliaia di bambini che in lui vedevano la realizzazione di tante cose immaginate.
Quale bambino, in quell’epoca non si è identificato, non si è sentito Schillaci, non ha fatto giocando, nella sua mente, la telecronaca del suo gol, quello importante, quello che ci dava la Coppa del Mondo. Lui, figlio della Sicilia più povera e più permeabile alla criminalità che, tirando “calci a un pallone”, aveva trovato riscatto.
E, un poco, nell’immaginario collettivo, è rimasto così. E così mi piace ricordarlo. Con i suoi litigi con l’italiano, chiara prova di sterili frequentazioni di scuole, ma tanta, tanta umanità.
Siamo costretti a salutarlo, ma in noi rimarrà quella sensazione che lui ci ha donato. Quella della vittoria, in un modo o nell’altro, sulla immutabilità della propria condizione sociale. Quella certezza che chiunque possa diventare un campione.
E, soprattutto per tanti bambini siciliani, che la strada non sia l’unica strada.
Ciao campione. Ciao Totò.
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Giancarlo Selmi