DI MARIO PIAZZA
Le regole che l’Italia si era data a partire dal giorno della Liberazione nel suo difficile cammino per trasformarsi in una democrazia compiuta stanno cadendo una dopo l’altra.
Dei governi che si sono alternati dal 1946 al 2022 possiamo dire tutto il male possibile ma nessuno di essi, neppure i due più imbarazzanti guidati da Berlusconi, si era mai sognato di interrompere quel cammino. Per la verità un segnale d’allarme c’era già stato col governo gialloverde ma la divina provvidenza sfruttando le chiappe di un paio di cubiste e a un numero indefinito di spritz lo aveva fatto schiantare sulla spiaggia del Papeete.
E’ per difendere l’assiduo frequentatore di sagre di paese, quello dei 49 milioni rubati e delle moto d’acqua della polizia per far giocare il figlio, quello della bambola gonfiabile Boldrini e delle “tettine” della Rakete, quello delle intermediazioni petrolifere con la Russia, quello che incita le menti deboli a farsi giustizia da sé, quello della Bestia di Morisi, quello che inveisce sui morti di Cutro e di Viareggio, che è stato infranto l’ultimo dei tabù costituzionali.
E’ solo nei regimi che il potere politico, già avendo a disposizione quello esecutivo nelle mani dei ministri degli Interni e della Difesa, mette al guinzaglio quello giudiziario e lo fa in maniera così aperta. Non come un abuso da consumare nella penombra ma come un diritto da esibire platealmente per intimidire chiunque pensi anche lontanamente di poterlo scalfire.
Per questo la sentenza del processo a Salvini sarà lo spartiacque tra ciò che siamo stati e ciò che saremo, a prescindere dall’auspicabile punizione di un delinquente comune che già sappiamo non arriverà mai.
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Mario Piazza