DA REDAZIONE
Nicola Scuderi dalla redazione del giornale LA NOTIZIA –
Su Assange i giudici londinesi pretendono dagli Usa un giusto processo e di escludere il rischio di una condanna alla pena di morte.
La battaglia di Julian Assange contro l’estradizione negli Stati Uniti, per rispondere dell’accusa di aver diffuso documenti riservati del Pentagono, non è ancora conclusa.
A un mese dall’udienza presso l’Alta Corte di Giustizia di Londra, i giudici britannici hanno deciso di concedere altro tempo alla difesa del giornalista che, contrariamente alla richiesta dei legali americani, non sarà estradato immediatamente.
Del resto il caso è delicato e richiede grande attenzione in ragione del fatto che negli Stati Uniti, dov’è stato incriminato per spionaggio e per altri 17 capi d’accusa, rischia una pena di 175 anni di carcere.
IL VERDETTO DELL’ALTA CORTE DI LONDRA SU ASSANGE
Stando a quanto disposto dalla Corte, il governo di Joe Biden avrà altre tre settimane per fornire garanzie sul fatto che il fondatore di Wikileaks, in caso di estradizione, potrà fare affidamento sul Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che, come noto, protegge la libertà di parola.
Stati Uniti che dovranno garantire anche che Assange non venga pregiudicato durante il processo, compresa la sentenza, in ragione della sua nazionalità e che gli vengono concesse le stesse protezioni del Primo Emendamento riconosciute a un cittadino degli Stati Uniti.
Ma non è tutto. I giudici di Londra vogliono avere anche rassicurazioni in merito al fatto che al giornalista, sempre in caso di estradizione e conseguente processo, non venga contemplata la pena di morte.
PER IL FONDATORE DI WIKILEAKS C’È UN’ULTIMA CARTA DA GIOCARE
In caso che tutte queste rassicurazioni chieste all’amministrazione Biden, fin qui non pervenute, non dovessero venire fornite, allora Assange potrà ricorrere in appello con un’udienza che potrebbe tenersi il 20 maggio.
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