DI GABRIELE GERMANI
La Storia con la esse maiuscola, che qualcuno pensava fosse finita con l”89, ha continuato a muoversi e ora sta lanciando la sfida contro la mega-macchina del capitalismo internazionale e tecno-scientifico.
La Storia non è finita
Si prega i signori passeggeri di allacciare le cinture per turbolenza, grazie.
Se al governo avessimo una persona seria dovrebbe almeno andare in tv e dire questo.
Nel lontano 1973 (dal 1971 ci sono stati più passaggi) il dollaro abbandonò la convertibilità aurea e il sistema di cambi internazionali diventò un sistema di cambi a fluttuazione libera.
In buona sostanza, fino ad allora si poteva chiedere di convertire i propri dollari in oro, da allora non più. Questa decisione avvenne perché gli USA (pressati dalla competizione globale col socialismo, diamo a Cesare, quel che è di Cesare), avevano passato il precedente decennio a spendere soldi: contenimento del comunismo in Indocina (Vietnam, ma anche Laos e Cambogia) e pace interna (programmi di welfare e missioni spaziali).
La spesa veniva pagata stampando altri dollari, che voleva dire aumentare il debito e questo spinse alcuni creditori a cominciare a richiedere la conversione in oro dei propri dollari. Onde evitare la fine delle proprie riserve, gli USA fecero questo arrocco e dissero: “la palla è mia e comando io”.
Il dollaro diventò la moneta internazionale grazie alla forza militare ed economica degli USA; assieme al legame a doppio nodo che teneva uniti gli USA ai sauditi e agli stati del Golfo: nacquero così i famosi petrodollari (il dollaro era l’unica moneta usata per acquistare petrolio).
Il capitalismo iniziò un lento e continuo distaccamento dalla realtà, si passò da un capitalismo industriale a un capitalismo finanziario, i governi di Regno Unito e USA – adottando quello che fu definito neoliberismo – rafforzarono il passo.
La ricchezza diventava un qualcosa di cumulativo a livello monetario, numeri, sigle, codici scritti su fogli o schermi di pc, ma sempre meno qualcosa di tangibile e misurabile in natura.
Questo passaggio ebbe come effetto la riduzione di peso dell’industria (per la prima volta dopo oltre un secolo), iniziò il processo di terziarizzazione dell’economia. Gli operai perdevano potere contrattuale e le fabbriche cominciarono ad essere ridislocate nei paesi più poveri del mondo, intanto l’Occidente viveva nei primi anni ’80 un piccolo boom economico grazie all’informatica e alla deregolamentazione finanziaria.
Il crollo dell’URSS fu causa e conseguenza di questo nuovo clima: il capitalismo era entrato in una fase più aggressiva. Gli anni ’70 furono il momento storico in cui il socialismo rischiò realmente il sorpasso, tanto nelle sue vesti socialdemocratiche, quanto in quelle di socialismo reale: quella del capitalismo fu una reazione spietata e feroce per sopravvivere e vi riuscì.
Passarono i decenni, pensavamo che la storia fosse finita, che i voli a prezzi stracciati e internet avrebbero reso il mondo più piccolo, che i diritti civili sarebbero diventati il nostro vangelo (non sono sbagliati in termini assoluti, lo è l’uso anti-sociale degli stessi). Ma intanto qualcosa lontano da noi ribolliva…
Costruire fabbriche nel resto del mondo (già dotato di risorse e braccia), lo aveva lentamente reso autosufficiente e aveva spostato lì il problema della classe operaia e del socialismo.
La Cina continuò a lavorare, non cedette alle lusinghe degli USA su “libere elezioni” che la avrebbero spezzettata in tanti staterelli dipendenti dall’estero. Il Sud America dopo aver vissuto una serie di crisi drammatiche negli anni ’80-’90 si ritrovò impoverito e piano piano cominciò a ripensare al socialismo (a Cuba qualcosa ancora resisteva). Persino in Russia, dopo il decennio della vergogna, la classe dirigente locale ricominciò lentamente a ricostruire una strategia (i cui frutti vediamo solo oggi).
Questa storia assume toni quasi epocali, perché si rovesciano tante tensioni accumulate nei secoli passati: i più poveri contro i più ricchi, i nuovi ricchi contro i vecchi ricchi, i colonizzati contro i colonizzatori, gli sfruttati contro gli sfruttatori, Asia-Africa-America Latina contro Europa e Nord America, Russia contro Europa, Cina contro USA…
Molto presto (sempre in un ordine di tempo di equilibri globali, quindi tempi più lunghi a livello individuale) arriverà un momento in cui un dollaro o un euro tornerà a essere un biglietto di carta; un numero su uno schermo per quanto lungo tornerà a essere un numero su uno schermo (sempre se avremo l’energia per accenderlo quello schermo); la mitologia finanziaria del piccolo investitore crollerà e da appassionati di borsa, diventeremo appassionati di agricoltura.
Vi è qualcosa di epico: gli ultimi umani (no, noi in Occidente siamo umani solo sugli hashtag) lanceranno la sfida contro la mega-macchina del capitalismo internazionale e tecno-scientifico.
Questo fa paura, perché in Occidente siamo bulloni di quella macchina, ma sapevamo benissimo che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a cercare giustizia. Quel momento sta arrivando.
Articolo di Gabriele Germani, dalla redazione di
20 Agosto 2023